Anche il mondo del vino ha abbattuto il suo muro, non a Berlino ma a Parigi, il 24 maggio 1976.
La notizia non giungerà nuova agli appassionati di fine wines: la data è storica e da allora molto è cambiato, determinando un prima e un dopo nella percezione dei rapporti di forza tra “Vecchio Mondo” e “Nuovo Mondo” enoico.
L’iniziativa, passata alla storia come The Judgment of Paris, è dovuta a un importante wine merchant inglese, scomparso di recente: Steven Spurrier. Un personaggio poliedrico che, tra le altre cose, diede vita a L'Académie du Vin, una scuola privata parigina dov'era possibile degustare bottiglie di ogni parte del mondo, in tempi non sospetti.
È stato però il “Judgment” a consegnare la sua figura alla storia, aprendogli svariate porte (ad esempio l’importante collaborazione con la rivista Decanter) e chiudendogliene altre (quelle di diversi chateaux e domaine francesi).
Ma non spoileriamo e vediamo come sono andate le cose...
Nella primavera del ‘76, Spurrier e compagni organizzarono una clamorosa degustazione alla cieca che metteva di fronte alcuni importanti vini californiani e grandi nomi di Francia, tra Bordeaux e Borgogna, il cui esito fu assolutamente sorprendente.
A vincere “la battaglia del vino” furono infatti le etichette americane.
Tra lo sgomento e l’imbarazzo dei giudici francesi, i migliori risultarono lo Chardonnay ‘73 di Chateau Montelena e il Cabernet Sauvignon Stag’s Leap Cellar di pari annata.
Entrambi "Made in Napa Valley". Boom!
L’evento ebbe una tale eco da ispirare un film (Bottle Shock del 2008, in Italia distribuito con il titolo Napa Valley - La grande annata), con l’attore Alan Rickman, il celebre Severus Piton della saga di Harry Potter, nelle vesti di Spurrier, ma soprattutto cambiò la vita dell’ideatore e la geopolitica del vino di qualità. Per sempre.
Quello che è accaduto in seguito è storia recente: la reputazione e il fulminante successo di molti terroir nuovomondisti, con la definizione strutturale di veri e propri distretti, da una parte; il perdurare di certo snobismo di critica e consumatori europei, dall’altra, poco inclini a concedere ai paesi emergenti quel che gli spetta. Ma anche su questo punto le cose stanno rapidamente cambiando, così come il borsino dei paesi produttori.
La domanda che dovremmo porci oggi è però un’altra: esiste ancora un Nuovo Mondo del vino?
Forse, ma lo spartiacque è sempre più difficile da individuare e i confini stanno diventando sfumati, se non addirittura mobili. Intanto la maturità dei grandi vini, dei produttori di riferimento e di tutto il movimento non è più ad esclusivo appannaggio francese ed europeo, tanto che le bottiglie più datate in circolazione, diciamo di 40 – 50 anni, sono ormai di entrambi gli schieramenti. Non una cosa di poco.
Più interessante è capire come si muovono i confini e il futuro di queste due categorie, a quasi cinquant’anni dal Judgment. C’è all’orizzonte un “nuovo” Nuovo Mondo, oltre i codificati vini di USA, Australia, Sudafrica, Argentina, Cile e compagnia?
Anche qui la risposta potrebbe essere affermativa. Da un lato ciò che consideravamo “nuovo” in passato sta invecchiando, come detto, arricchendone il blasone e rimodellandone la fisionomia. Forse sta addirittura morendo lo stereotipo di un Nuovo Mondo omologato, confezionato, banale e senza storia; magari non sostituito del tutto ma certamente affiancato da un’immagine fatta di cantine di straordinaria reputazione e, perché no, piccoli artigiani col pallino della sostenibilità. Basta fare un giro alla scoperta del movimento biodinamico in Australia, tanto per dire la prima cosa che viene in mente, per comprendere la situazione.
Se vogliamo fare un ragionamento attuale, laico, capace di interpretare il presente e leggere il futuro, dobbiamo spostare l’asse del così detto Nuovo Mondo e cercare altrove. In quali paesi?
Non viene in mente a molti, alcuni lo immaginano solo come un grande mercato a cui vendere i propri prodotti, eppure la Cina, o meglio certe sue regioni, hanno molto investito nella produzione di vino. Oggi il dragone è tra i primi produttori al mondo del nettare di Bacco; pensiamo alla regione del Ningxia, ai confini con la Mongolia, forse una delle terre più vocate del paese, in cui è stata addirittura istituita una classificazione, nel 2014, che sostanzialmente ricalca quella di Bordeaux del 1855.
Forse non il Nuovo ma il Nuovissimo Mondo è già arrivato, con nuovi judgment e avvincenti battaglie all’orizzonte.