4 locali dove bere il Bee's Knees a Milano

4 locali dove bere il Bee's Knees a Milano

Di Giulia Grimaldi

Illustrazione di Andrea Manzati

3 minuti

Premessa: sono una di quelle torinesi che non dirà mai che Milano è bella. Per me il contesto estetico delle città d’arte non trova paragoni, e se devo cercare un luogo che mi faccia pensare di vivere nel futuro non mi accontento delle due ore di treno e di un palazzo con gli alberi, ma attraverso confini e mi circondo di vetro e neon che “Milano lèvate”.
Detto questo, se c’è un motivo per andare nel capoluogo lombardo, sicuramente è bere bene.  

Ecco perché ho deciso di dare un’ulteriore possibilità a questa città, andando di quartiere in quartiere ad assaggiare quello che i mixologist hanno da offrire (molto). Il loro compito, dato che partivo con il coltello tra i denti, non era facile: rendere contemporaneo un drink così classico che conoscono in pochi. Il Bee’s Knees, un drink dell’epoca del Proibizionismo a base di gin, succo di limone e miele, dal nome che in slang dell’epoca vuol dire qualcosa come “pazzesco.

Avrei dovuto immaginare che, bicchiere dopo bicchiere, avrei modificato la mia opinione su Milano. E non solo perché i drink erano buonissimi e i locali accoglienti e curati: il punto sta in quel guizzo e in quella facilità per cui a nessun barman è venuto neppure in mente di restare fedele alla ricetta. Ora vi racconto le abili variazioni sul tema, per me chiaro simbolo di quella qualità tutta meneghina di trasformare ogni cosa in una versione migliore di se stessa.

Agua Sancta, Brera

Ho deciso di buttarmi a capofitto nel cuore della milanesità, ma di quella dal prezioso passato artistico: Brera.
Qui andar per locali non è una cosa nuova, basti pensare allo storico Jamaica, aperto dal 1911, e dove un tempo si davano appuntamento gli intellettuali della zona.

Io però vado da Agua Sancta, una mezcaleria dal twist mediterraneo. Qui, sebbene i “bicchieri” forte siano tequila e mezcal,
il drink viene preparato on the rocks con il gin da manuale, in questo caso Canaïma Gin. E c’è un motivo ben chiaro per questa scelta, anzi due.
Innanzitutto, il gusto: ottenuto dall’utilizzo del classico ginepro in armonia con botaniche dell’Amazonia selezionate insieme alle comunità locali in un processo di rispetto per la foresta pluviale che restituisce in cambio le sue note verdi e selvagge.
E poi perché mi sono trovata in mezzo ad una challenge tra locali, per cui ogni drink venduto a base Canaïma è stato piantato un albero in Amazonia.
Ma il limone? Qui la proposta è con un cordial di maracuja e arancia, che rinvigorisce quella sensazione di Sud America già presente nel gin. Un’opzione dolce, stuzzicata dall’acido del maracuja e rinfrescata dalla pioggia tropicale.

E se volete restare in tema, fate una visita all’orto botanico, poco distante: in questo piccolo angolo di paradiso verde e silenzioso abitano 300 specie diverse, tra cui due vecchissimi Ginko biloba e un enorme tiglio di 40 metri.
Sarete felici di aver contribuito alla riforestazione del Pianeta, oltre che ad essere soddisfatti della vostra bevuta.

Norah Was Drunk, Lambrate

Ora è tempo di andare a Lambrate, uno di quei quartieri più curiosi. Non ci sono grandi attrazioni, ma un fermento costante di locali interessanti, ristornati etnici e piccole gallerie d’arte da scoprire un po’ alla volta.
Oggi, ad esempio, nella sera che si ingrigisce, una scritta a neon coglie la mia attenzione e mi spinge verso una luce verde.

Norah Was Drunk è un piccolo locale situato in via Porpora, ma basta entrare per sentirsi accolti.
Lo stile è un mix di legno e dettagli vintage, non c’è nulla di pretenzioso, solo gusto e attenzione ai dettagli. Nicolò e Stefano si sono conosciuti in un locale sui Navigli e hanno deciso di aprire qui, a gennaio 2022, questa loro tana in cui bere bene e servire conserve di pesce, prosciutto pregiato e ostriche.

Il loro Bee’s Knees è a base di Gin Citadelle, nella sua ultima versione Jardin d’Été. Durante la preparazione vengo ammaliata dai racconti di questo gin che si è lasciato ispirare dai profumi del giardino di Château de Bonbonnet.
Immagino i meloni interi, i limoni e lo yuzu che dall’estate provenzale arrivano al mio bicchiere ancor prima di annusarli e di sentirli infine fiorire in bocca. Il tutto bilanciato con un miele d’acacia diluito con acqua per non eccedere in densità e con un’aggiunta di bitter all’arancia che lega il drink in un mix secco e agrumato che trasforma Lambrate in un angolo di Costa Azzurraet voilà!

Lacerba, Porta Romana

C’è modo e modo di essere considerato “storico”. Mentre il Jamaica può vantare un’antica fondazione, ma ha perso un po’ della sua essenza, altri locali sono “storici” in quanto mantengono intatto la scintilla che li ha creati. Lacerba è uno di questi.

Nato in spirito futurista (Lacerba era, infatti, il nome di una rivista nata a Firenze a inizio secolo), qui tutto è coerente allo slancio dinamico del movimento a cui fa riferimento. L’arredamento è vintage ed eccentrico, i camerieri impetuosi e impeccabili e i drink audaci e temerari, proprio come da manifesto.
Il mio Bee’s Knees qui si trasforma completamente: alla base di Elephant Gin vengono aggiunti lime, miele, Fernet Branca, un vermouth dolce (Carpano Classico) e una punta di albume. Amaro, balsamico e sicuramente adatto a chi cerca un drink diverso dal solito.

Mag, Navigli

E come terminare il mio viaggio contro il mio stesso pregiudizio se non nel luogo più inflazionato di Milano, i Navigli, il lungofiume senza fiume più celebre d’Italia, alla faccia del Po. Qui seguo i consigli dei milanesi che senza dubbi mi indirizzano verso il Mag.

Andateci di pomeriggio, o in una sera settimanale, così potete godervi i dettagli caldi del locale, arredato con mobili vintage e scegliere una delle comode poltroncine di velluto evitando la folla. I mixologist sono preparatissimi e il menu ricco di proposte, ma vi suggerirei di chiedere un Bee’s Knees, tanto per vedere se l’ispirazione del giorno sarà azzeccata come quella che è toccata a me.

Per la parte di gin viene scelto il loro gin home made con otto botaniche in stile London Dry; si dice addio al limone sostituendolo con il verjus, un mosto fermentato usato come parte citrica che resta però totalmente incolore e limpido, mentre il miele è stato messo in infusione con l’eucalipto per risultare più fresco e sviluppare una nota balsamica.
Si finisce con il bitter Fusetti, che riempie la bocca con note di cacao e cannella. La magia del mixologist scatta quando l’aroma del cacao e quello dell’eucalipto si uniscono annientando il dolce del miele fino a diventare un’altra cosa. 

A questo punto capisco di essere solo al primo livello del grande gioco che è Milano.
Per raggiungere il prossimo, mi dicono che la missione da compiere sia frequentare il Mag fino a che qualcuno non vi inviterà nello speakeasy più segreto della città, il 1930. I proprietari sono gli stessi, e non ci sarebbe luogo migliore in cui assaggiare un drink nato proprio negli anni del Proibizionismo, ma la location è segreta, per cui buona fortuna!

 

Alla prossima città e ai prossimi drink! 

* Le foto di questo articolo sono state realizzate da Lorenzo Romani 
** Grazie ad Idris Conti per la gentile collaborazione

Giulia Grimaldi

Giulia Grimaldi

Costantemente in viaggio tra strade di terra e parole, adora attraversare confini mentali e geografici. Digital Editor per Lonely Planet, scrive per diversi magazine e, se si immagina seduta ad un bancone, in mano si ritrova un Old Fashioned.

Andrea Manzati

Illustratore freelance di Verona. Ha realizzato lavori per The New York Times, Bloomberg, Billboard, Monocle, Harvard, Wallpaper, Wired, Il Sole 24 Ore. I suoi lavori sono caratterizzati da un disegno pulito, geometrico e dall’aggiunta di elementi fatti a mano alla composizione in digitale.