C’è qualcosa nei dehors di Torino che ti spinge a sederti e a ordinare un Americano, così senza pensarci troppo.
E non è un’esclusiva delle piazze barocche del centro, o dei viali porticati e non succede soltanto quando il sole cala coprendo gradualmente piazza Vittorio, che di risposta si accende nella notte affacciata sul fiume. Accade anche tra i vicoli medievali del Quadrilatero, dove un tempo si vendevano le erbe e ora le si mixa sapientemente nel bicchiere, o dove scorre la Dora, affluente meno celebre del grande Po, ma altrettanto fondamentale nella vita della città. E così, spostandosi di quartiere in quartiere, la pausa perfetta è sempre a disposizione, sospesa tra il tempo in cui il vermut qui è nato e un presente che non si ha fretta di abbandonare.
Certo, scegliere soltanto sei locali è stata dura, e questo articolo non vi invita minimamente a fermarvi qui. Suvvia, Torino alla fine è un paesone: non abbiate paura di perdervi tra le sue differenze, tra i suoi quartieri tradizionalmente schivi e tra quelli che hanno sollevato piccole rivoluzioni e abbracciano da sempre i cambiamenti. Qui l’Americano è di casa e non sarà raro sedervi in un locale pronto a servirvelo con un contorno di storie di quartiere. Annuite con un sorriso che a parlare c’è tempo - qui si fa così- e, nel frattempo, ordinate un altro cocktail.
Dove bere l’americano in giro per Torino
Il nostro giro inizia nel Quadrilatero, una scacchiera stretta di strade rette, discendenti dell’antico castrum romano, ovvero il luogo in cui fu fondata Torino. Ma non partiamo da qui per inseguire un ordine storico o per celebrare le origini della città. È che qui, durante il Medioevo, si animò la città e si svilupparono i mercati, in particolare quello delle erbe, che si teneva nell’attuale piazza Palazzo di città. Mi piace pensare ai profumi (forti) che doveva sprigionare al tempo, e a chi cauto acquistava un ingrediente anziché un altro, temendo di essere accusato di stregoneria. Mi sembra inoltre opportuno partire dalle erbe per bere il primo americano, cercando di individuare i sapori di assenzio, arancio amaro, maggiorana, origano, ginepro, rabarbaro, sambuco, zenzero, anice stellato, noce moscata e tutto quello che ricorda tanto un prato in fiore, quanto un bicchiere di vermut.
Allora ecco che entriamo al The Goodman Cocktail Bar. Qui sembra di essere ancora un po’ a inizio Novecento, ma non in quello classico dei bar storici di Torino. Il sapore Decò dell’arredamento, tutto velluti e carta da parati, è fresco e curato nei dettagli. Il bancone in legno e i tavolini di marmo sono il palcoscenico perfetto per cocktail classici e signature serviti con eleganza in bicchieri vintage. La lista dei cocktail incuriosisce e stupisce, infatti mi segno di tornare per assaggiare il Back to black, con wasabi, sakè nero, vodka, soia e japanise bitter umami, da cui mi aspetto un viaggio dritto Torino-Tokyo.
Ma senza perdere di vista l’obiettivo ordino un americano classico, preparato con un Cinzano 1757 e Campari. Il sapore è rotondo e morbido, sembra quasi di sentirci un po’ di liquirizia, e l’amaro lotta con lo zucchero vincendo sul finale e portandomi proprio dove un buon americano dovrebbe: a pensare, “quasi quasi ne ordino un altro”. Sorseggio il drink a ritmo di ottima musica swing, mentre le luci dei lampadari giocano con le ombre dei marmi e i vetri dei bicchieri. Il servizio è impeccabile e accogliente, sono in un ovattato mondo blu che ripara dal sole che batte in strada, dove la movida frenetica sembra separata da un varco spazio temporale.
Il Quadrilatero non è solo un quartiere storico, è anche il luogo dove piccoli bar, bistrot e ristoranti osano di più.
Torino è bella perché ha incastrato la grandeur barocca nella sua rigidità piemontese, è tronfia senza saper essere vanitosa e ama restare comoda quando trova un equilibrio. Ma a volte non basta, a volte bisogna rischiare. Ed è quello che mi racconta Alessio, che con la sorella Gaia e il supporto dei genitori, da soltanto un anno ha deciso di aprire il Puntosette proprio in questo quartiere perché più vivo, più aperto, più deciso a sperimentare.
Potreste passarci davanti senza prestarci troppa attenzione, soprattutto d’estate, quando via Sant’Agostino è gremita di tavolini e di corpi accaldati che cercano ristoro in uno spritz. Ma non fate quest’errore, perché entrare qui è come entrare nella visione di Alessio e Gaia, di una città che vuole stupire, aprirsi al mondo, non rincorrere il futuro ma viverselo per diritto.
Il metallo gioca con i neon rossi, che tagliano i muri di cemento e blu carta da zucchero. Le luci ambrate, poi, mi sembrano un richiamo direttissimo al colore caldo dell’americano, ma sarò io che sono di parte. Nel dubbio ne ordino uno e chiedo a Pietro, preparatissimo barman, di giocare con i sapori.
Il risultato è un americano con un twist di amaro che soddisfa il mio palato insofferente alla dolcezza. Nel bicchiere giocano un Riserva Carlo Alberto, un Vermouth di Torino Superiore, la cui base vinosa è costituita da due eccellenze piemontesi: l’Erbaluce di Caluso DOCG e il mosto parzialmente fermentato da uve Moscato che rende l’equilibrio dell’americano perfetto, parola di Pietro. L’amaro lo dà Roger Bitter, Amaro Extra Strong che porta sapori di agrumi calabresi, uniti a note di genziana, china e carlina.
Il tocco finale è una spruzzata di profumo al pepe nero, che enfatizza una nota speziata che persiste sulla lingua. Io mi sedo su uno sgabello tra i neon, soddisfatta che Torino possa ancora stupirmi.
Allontaniamoci ora dal cuore storico di Torino e cambiamo scena: borgo Rossini è da qualche anno il cuore della movida, con eserciti di studenti che brandiscono bicchieri di plastica arancioni di spritz to go. La piazzetta affacciata sulla Dora brulica di vita ogni giorno a partire dal tramonto, a prescindere dalla stagione. Con l’arrivo della primavera, poi, ogni panchina diventa un prezioso bottino, ma ci si siede anche per terra, o sul prato lungo il fiume. Perché arrivare fin qui e sfidare l’entusiasmo giovanile in cerca di un buon americano? Per la Lumeria.
Il locale di Luciano e di Giovanna è stato tra i primi a cogliere la bellezza di quest’area, che fino a una decina di anni fa era un decadente affaccio di palazzine scrostate a causa dell’umidità del fiume. Forte della sua esperienza nell’organizzazione del Porta Fortuna, una delle serate di clubbing storiche di Torino, Luciano ha deciso di abbandonare la pratica di architetto ed aprire una piccola casa accogliente in via Reggio. Si tratta praticamente di due spazi: uno interno dal sapore indie, dove giocano metalli, legno, piante e decorazioni orientali e un dehor esterno che, senza soluzione di continuità, dialoga attraverso la vetrata del locale, aperta quando il clima torinese lo consente. Quest’apertura fisica del locale non è fine a se stessa: qui ci si sente accolti e coccolati.
Riccardo, ad esempio, legge il mio dubbio davanti alla buona selezione di vermut del locale, e dopo avermi pazientemente spiegato tutte le differenze, mi propone ben due versioni dell’americano. Quello classico è tailor-made in direzione amaro: il Cocchi Dopo Teatro è torinese e amaricante, proprio come piace a me, e si incontra con il Campari per creare una miscela classica, che non vinee intaccata neppure dalla soda. Il secondo esperimento mi prende per golosità: è un americano ai fichi, e sarà l’arrivo dell’estate, ma mi sembra un’ottima idea per sentirmi già un po’ al mare, con il fiume che scorre poco lontano e il fermento di ragazzi e ragazze per strada. Il Cocchi ricetta tradizionale è più morbido del Dopo Teatro, pensato da bere la sera, con una scorza di limone, dopo aver assistito a uno spettacolo al Regio. Tuttavia l’abbinamento con lo sciroppo dolce di fichi fa si che le note amare si sprigionino e creino un contrasto piacevole.
Seguendo la Dora, si arriva al Po. Precisamente mi dirigo nell’immenso salotto Torinese che è Piazza Vittorio.
C’è chi se la ricorda all’alba dopo le serate ai Murazzi, c’è chi la conosce solo di notte quando ristoranti e locali attirano persone da tutta la città, c’è chi la lambisce andando a corre al mattino e chi la scruta dall’acqua vogando in canoa. Ognuno ha la sua Piazza Vittorio, e lei ha l’affaccio spettacolare sulla Gran Madre. Se questo di per sé basta per inserirla come tappa nel vostro tour di Torino, perché non approfittarne per una pausa da veri flaneur? La Drogheria - Cocktail Bar è qui dal 2002 e ha visto la piazza cambiare infinite volte, senza mai perdere il suo ruolo centrale nella scena cocktail torinese.
Intanto, nonostante la grandezza della piazza, qui vi accoglie un manto d’edera che avvolge i muri dell’ingresso e vi fa capire che state entrando in un luogo sicuro. L’arredamento interno, poi, con elementi di arredamento vintage, vi mette subito a vostro agio.
Ma non è finita, perché alla porta accanto vi aspetta l’ultima invenzione del locale: il Bazar, uno spazio dedicato alla degustazione e alla vendita di distillati e vini speciali (se volete partecipare a qualche degustazione seguiteli con attenzione perché il luogo è piccolo e raccolto e non ci sono molti posti).
Ma andiamo dritti al sodo: Sergio è un barman preparato e concentrato e dobbiamo capire come approcciare questo nuovo americano. La risposta ce la suggerisce l’improvvisa afa tipica dell’estate Torinese. Il cocktail sarà un twist fresco ed estivo, perché rinunciare all’americano quando lo si può reinterpretare per ogni stagione? Surprise: cambia tutto e il bicchiere si riempi di un liquido trasparente. È un vermut bianco Riserva Carlo Alberto White, meno corposo, unito a Salvia & Limone per rinfrescare il tutto e un amaro Suze, a base di genziane gialle, per riequilibrare le note amare. Sapendo che il vermut bianco è tradizionalmente più dolce, devo dire che ero un po’ scettica, ma il tocco agrumato di Salvia & Limone è proprio quel che mi serviva. Del resto, come dice Sergio, la ricetta dell’americano è semplice, quel che conta è conoscere bene i prodotti che si hanno a disposizione per bilanciarli sempre nel modo corretto. E devo dire che il mega cubo di slow-ice è un ingrediente altrettanto importante per far sì che il cocktail non si annacqui in fretta.
Ammettetelo, vi siete abituati alla grandeur di Piazza Vittorio e non volete ancora lasciarla. Ma perchè non guardarla da un altro punto di vista? Attraversate dall’altro lato, sotto lo sguardo attento della Gran Madre, e cercate la porta del NAt Cocktail House: un piccolo locale dove la conoscenza dei mixologist è però molto grande.
Anche qui l’estate porta consiglio e voglia di cambiamento: Emanuele si ispira al nostro amato americano ricalcandone la filosofia gustativa, ma mi propone un’interessante variante. Parte da prodotti piemontesi con vermouth Riserva Carlo Alberto Extra Dry e sceglie di togliere lo zucchero sostituendo il bitter con il liquore Salvia & Limone, che oltre all’agrumato lascia che sia la salvia a dare l’amaro. E per sentirsi catapultati in vacanza, aggiunge un cucchiaino di Mr Three & Bros, una rivisitazione moderna del Falernum nato nel XIX secolo alle Barbados, un mix di rhum bianco caraibico, rum scuro, zenzero, spezie, mandorla amara, lime, limoni e zucchero. Praticamente un americano che è un piemontese in spiaggia!
Quando cala la sera, è il momento di alzare la posta in gioco e provare un locale che è insieme storico, d’eccellenza, d’avanguardia. Esatto, tutto questo mette un po’ in soggezione, ma l’esperienza al Bar Cavour è una delle cose che non possono mancare durante un soggiorno a Torino. Si trova al primo piano della maison Del Cambio, lo storico ristorante famoso appunto perché il preferito da Cavour. Sarete prima accolti all’ingresso e poi invitati a salire su, dove entrerete in un mondo intimo, dove la luce è solo quella necessaria a cogliere i dettagli eleganti, le opere d’arte che popolano l’ambiente. Accomodatevi sulle poltroncine di velluto e fatevi coccolare. Arriveranno prima le mandorle salate e gli arachidi al wasabi, poi la vostra scelta di cocktail sofisticati e piatti iconici.
Il mio americano non poteva essere da meno. Anche se non posso approfittare dell’allettante esperienza “Extra vermouth” perché non ho prenotato (ma imparate dai miei errori), mi viene preparato uno Sky Americano che è l’epilogo perfetto di questo tour. Dopo aver capito e assaporato le base della versione classica e giocato con alcune varianti, ora mi sento di essere arrivata al post-americano. Campari, Aperol, Punta e Mes, una marmellata di arance dolce-salata che si raccoglie sul fondo stuzzicandoti con la sua sapidità, la Lurisia Ginger Beer per ravvivare il tutto e un tocco di Angostura Bitter per riportare al rigore dell’amaricante. Sarei in estasi anche se non ci fossero i bignè ai pomodorini confit e il voulevant alla crema pasticcera salata e menta. Ma ci sono e tutto è perfetto.
La mia missione termina nella raccolta e preziosa Piazza Carignano, un gioiello del centro storico. Se i vostri sensi sono un po’ sopraffatti da tutti i sapori raccolti durante il tour sedetevi qui su una panchina e lasciate che la storia di Torino vi parli ancora un po’ attraverso le erbe e le tradizioni degustate fin qui.
Alla prossima città e ai prossimi drink!
* Le foto di questo articolo sono state realizzate da Lorenzo Romani