Chiarifichiamo, ma con prudenza

Chiarifichiamo, ma con prudenza

Di Giovanni Ceccarelli

Illustrazione di Chiara Palillo

3 minuti

La chiarificazione è senza dubbio la pratica più apprezzata e utilizzata dai bartender di tutto il mondo perché, diciamoci la verità, i cocktail chiarificati sono veramente molto belli da vedere e instagrammabili.

Facciamo però un passo indietro e cerchiamo di capire che cosa vuol dire chiarificare, a che cosa serve e quali liquidi si possono chiarificare.

Come spiego nei miei corsi e su Cocktail Engineering, la chiarificazione non è una sola tecnica, ma un insieme di tecniche che permettono di andare a rendere trasparente un liquido, come un succo di frutta o un cocktail.

Si può chiarificare per sineresi, per sedimentazione, per filtrazione, per centrifugazione oppure con tecniche che sfruttano la coagulazione di alcune proteine, come il milk washing.

Attenzione però, trasparente non vuol dire incolore!

Un succo di frutta, o un cocktail che contiene frutta, solitamente è torbido e non è possibile vederci attraverso.
Un cocktail o un succo sono torbidi perché sono delle miscele eterogenee, ovvero sono composte da una parte liquida e da tanti micro-pezzettini solidi in sospensione. Con la chiarificazione questi pezzettini solidi vengono rimossi, il liquido diventa trasparente, e il colore diventa solitamente più tenue.

Rimuovere del tutto il colore è invece una cosa diversa, che comunque è possibile fare, ma che comporta una enorme variazione di sapore del prodotto reso incolore. 

È difficile prevedere come cambia il sapore di un liquido sottoposto a chiarificazione. In alcuni casi diventa più inteso mentre in altri casi diventa più tenue. L’unico modo per capire cosa accade è chiarificare un po’ di liquido con la tecnica desiderata e assaggiarlo per capire come questo si comporta.

Per esempio, un Daiquiri fatto con succo di lime chiarificato, pur rimanendo acido come l’originale, tende ad essere meno aromatico.

Una tecnica di chiarificazione molto particolare e molto famosa è il milk washing, nella quale si sfrutta la cagliatura delle proteine di latte, yogurt o anche di alcune bevande vegetali come la soia, per rimuovere le particelle solide. Questa tecnica è abbastanza invasiva e riesce a rimuovere anche un po’ di colore dal liquido e, oltre a chiarificare, dona al liquido chiarificato un retrogusto di latte e la capacità di fare schiuma quando shakerato.

Partendo dagli esempi del Daiquiri e del milk washing, vorrei ragionare sull’opportunità di chiarificare solo per questioni estetiche.

Non voglio sminuire l’importanza dell’impatto visivo dei drink, soprattutto in un periodo storico in cui l’immagine ha molta importanza, tuttavia c’è un equilibrio da rispettare: se si chiarifica per fare un cocktail bello da vedere, ma il sapore peggiora, forse è il caso di non chiarificare.

Un esempio pratico potrebbe essere quello di applicare il milk washing solo agli ingredienti torbidi del drink e non a tutti il drink. In questo modo non si altera il sapore dei distillati alla base del drink e si ottiene comunque un drink trasparente.

Buona miscelazione e chiarificazione!

Giovanni Ceccarelli

Giovanni Ceccarelli

Ideatore e coordinatore di Cocktail Engineering. Per pagarsi l'università ha iniziato a lavorare come bartender in diversi locali della riviera romagnola. Nel 2010 si è laureato in Ingegneria Energetica e dal 2011 è docente di Miscelazione Avanzata e Preparazioni Home Made in Drink Factory.

Chiara Palillo

Nata a Palermo nel 1995, è graphic designer e illustratrice. Acquerelli, gouache, inchiostri e pastelli sono i fedeli compagni dei suoi lavori. Laureata in Design della comunicazione allo IUAV di Venezia, nel 2020 crea il brand: CommandP, colour printing: laboratorio di illustrazione e stampa.