Drink for wellness

Drink for wellness

Di Idris Conti

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Le parole sono molto importanti. Nella loro etimologia a volte si celano significati su cui non ci soffermiamo, dando loro l’accezione che più si adatta al momento specifico in cui le sentiamo o le utilizziamo. “Wellness”. “Benessere”. Un concetto che potrebbe sembrare banale nel 2025. La prima cosa che mi viene in mente sono gli influencer che si svegliano alle 5 di mattina, che si allenano tutto il giorno, che non mangerebbero nulla che non sia biologico, gluten-free, sugar-free, taste-free, guilt-free... Ma cosa significa “benessere”? Vuol dire avere lo stile di vita di un atleta olimpionico? Rinunciare a qualsiasi tipo di tentazione enogastronomica? Diventare un eremita sociale? Non è proprio così, almeno etimologicamente. Well-ness è in inglese il contrario della parola ill-ness, malattia, condizione di malessere. Quindi potremmo tradurre questa parola con il concetto “condizione che non porti a uno stato di malessere”. Il mondo del bere e del mangiare sta evolvendo molto rapidamente verso due estremi opposti: chi conosce tutte le caratteristiche di ciò che ingerisce e beve e chi non ha gli strumenti per sapere nulla e viene guidato dalle mode e dal marketing. Ragioniamo: tutto ciò che non è un superfood è veleno? Tutto ciò che non fa dimagrire fa ingrassare? Tutto ciò che non è indispensabile per il nostro organismo per funzionare è superfluo?

Sempre estremi opposti, senza spazio per la via di mezzo, per il buonsenso, per il concedersi qualcosa di cui il nostro corpo potrebbe fare a meno ma che potrebbe regalarci un momento di socialità e condivisione. Qualcosa che stuzzichi le nostre papille gustative allontanandoci dalla nostra quotidianità, in luoghi vicini e lontani, gusti che fanno scaturire ricordi di ciò che abbiamo già gustato e la curiosità di ciò che dobbiamo ancora assaporare. Un bellissimo ricordo del mio 2024 mi riporta nelle campagne toscane vicino a Cortona: ancora sento passare tra le dita le piante dell’orto botanico di Villa Ugo, autentiche e autoctone come le persone che se ne prendono cura. Chiacchierando con il sig. Ugo iniziano ad arrivare vassoi di Gin Paloma per tutti gli ospiti. Faccio i complimenti per la complessità di Sabatini 0.0, che funziona benissimo nel drink. Ugo incredulo era convinto che fosse Sabatini Gin. Non ci mancava nulla per essere soddisfatti. È stata una visita in Toscana completamente analcolica? Lo affermassi, sono certo che il Chianti Classico a cena e la degustazione di Sabatini Barrel Aged avrebbero qualcosa da ridire a riguardo... Abbiamo intervallato un assaggio alcolico ad un’opzione analcolica, mangiando e bevendo senza rinunciare al gusto e alla condivisione. Un connubio perfetto. Qualche mese dopo, un altro sorso scrive un paragrafo in più nella memoria gustativa. Martorano, Vecchio Magazzino Doganale, la casa e bottega di Ivano Trombino e della sua meravigliosa famiglia, sia quella di sangue che quella con cui condivide le gioie e le responsabilità della terra che lavora. Fuori un panorama suggestivo e un sole splendente, sul muro esterno si parla in controtendenza di “intelligenza rurale”. Trombino VS Musk. Ma è dentro, nella sala degustazione, che i prodotti della terra che ci circonda, catturati all’interno delle bottiglie, vengono liberati come geni della lampada per esprimere i desideri delle nostre papille gustative. Gli olii essenziali di agrumi come il bergamotto, che regola stress e umore, gli infusi di erbe così benefiche da avere nomi eloquenti come “la spaccapietre”, che scioglie i calcoli renali, sono tra i tanti ingredienti contenuti nei nostri assaggi, bevuti sotto una scritta sul soffitto che racchiude perfettamente il nostro stato d’animo: “Coccole”. Una delle cose più sorprendenti che abbiamo assaggiato? Acqua gasata e Tintura di Jefferson. Questo è l’infuso a grado pieno e senza zucchero che viene utilizzato per creare l’iconico amaro. Solo 10 gocce bastano per avere la complessità di una dose piena di amaro molto strutturato, e la bellezza sta nella pienezza di gusto raggiunta con una gradazione alcolica minima.

Per il mio lavoro ho la fortuna di visitare mediamente un centinaio di cocktail bar, ristoranti, wine bar ed enoteche al mese. Questo rapporto molto stretto con gli operatori del settore beverage mi dà una fotografia sempre aggiornata sui trend, le richieste di mercato e le reazioni dei consumatori alle svariate proposte presenti. Ciò che si evince da questo “network” è sicuramente che ci troviamo in un momento di grande confusione sul tema del consumo di bevande alcoliche, dovuto principalmente alla mancanza di conoscenza da parte del cliente finale. Sembra evidente che chi è attento al tema sia quasi portato a pensare “non so come dovrei bere, quindi non lo faccio proprio”. Come dicevo prima, estremi opposti. Venendo da una precedente carriera come bartender so quanto sia importante il lavoro dei professionisti sul campo, soprattutto in questo momento storico. Saranno proprio le persone dietro il bancone a guidare il grande pubblico in questo momento di smarrimento enogastronomico. Il saper creare dei menù che diano gli strumenti per comprendere la gradazione alcolica dei drink, creare delle sezioni analcoliche o poco alcoliche per dare la possibilità a tutti di partecipare all’esperienza del bar con lo stesso spirito, valorizzare i tantissimi prodotti a basso contenuto alcolico disponibili. Questi sono solo alcuni dei tantissimi punti su cui dobbiamo porre la nostra attenzione ora.

Vermouth e vini liquorosi, amari, aperitivi e bitter aromatici sono delle ottime armi per creare varianti più light di grandi classici internazionali. Vermouth Carlo Alberto, Manfredi, Vecchio Magazzino Doganale e Fee Brothers ci forniscono infinite combinazioni, basta un pizzico di creatività. Bevande sodate contemporanee, come Match Tonic Water, sciroppi e puree di altissima qualità e con grande varietà come quelle di Finest Call e Reàl, distillati analcolici come Sabatini 0.0, ci permettono di accontentare tutti i palati senza dover scendere a compromessi. E i distillati lisci, magari anche ad alta gradazione? Qui bisogna attuare un vero e proprio cambio di paradigma: bere meglio! Per me significa bere distillati di alta qualità, in quantità minori, premiando produttori che oltre a creare grandi liquidi dedichino attenzione alla salvaguardia dei terroir da cui ricavano le loro risorse, che supportino le comunità locali, restituendo loro qualcosa. Soddisfiamo i nostri palati, supportando un’economia circolare dei valori.

Idris Conti

Idris Conti

Piacentino di nascita, sogna di diventare un pasticcere, ma finisce per caso dietro il bancone di un bar ed è colpo di fulmine. I primi cocktail li prepara al MAG di Milano, poi fa esperienza all’estero. Dal 2021 è Field Sales Specialist per CdC.