Fotografia 2: la luce naturale

Fotografia 2: la luce naturale

Di Vanessa Vettorello

Illustrazione di Nicolò Canova

6 minuti

La fotografia è magia. Lo penso da quando ho 5 anni e ancora non smette di stupirmi. Qualsiasi persona abbia osservato il meccanismo della camera ottica non può rimanere indifferente. L’immagine appare grazie al passaggio della luce in un piccolo foro. Le macchine fotografiche attuali ci rendono invisibile questo processo, ma questa è la forma più elementare di macchina fotografica, un dispositivo composto da una scatola oscurata con un foro stenopeico sul fronte e un piano di proiezione sul retro, nel caso della fotocamera l’immagine poi trova un modo di essere fissata: attraverso una lastra o un negativo a livello chimico oppure attraverso un sensore che elabora elettronicamente l’immagine. 

Me l’hanno ripetuto fino allo sfinimento: “fotografia” significa “scrivere con la luce” e senza la luce la fotografia semplicemente non potrebbe esistere, così come non esisterebbe la visione. Il funzionamento di base del nostro occhio è assimilabile per molti versi a quello di una camera oscura, anche se non identico.
Purtroppo lo spazio non è così vasto per affrontare come si dovrebbero temi come questi, ma vi consiglio la lettura di questo saggio che riassume molto bene questioni su cui ci interroghiamo da secoli.

“Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto.” Così come Palomar osserva le onde, per noi concentrarci su come la luce colpisce e scolpisce le superfici è un ottimo esercizio per comprendere i meccanismi fotografici.
Il passo successivo è capire come la nostra camera reagisce alla luce, perché per quanto simili, i nostri occhi si comportano diversamente. Ad esempio, la nostra visione si adatta molto meglio di una fotocamera, se entriamo in una stanza buia dopo essere stati fuori a lungo, vediamo nero, ma a poco a poco ci adattiamo fino ad avere una completa leggibilità anche in situazioni di estrema oscurità, senza problemi di rumore! 

Solo la pratica e l’allenamento costanti, però, ci possono garantire una buona riuscita fotografica. Scattare con diverse tipologie di luce, comprendere come essa possa delineare forme e volumi e capire come si comporta la macchina, ci darà la possibilità di raggiungere dei buoni risultati con il tempo.

Le domande iniziali da porci sulla luce sono:
 

- Da che direzione proviene?

- Che tipo di fonte di luce è? 

- Quanto è grande la fonte di luce?

- È intensa?

- I raggi passano attraverso qualche forma di assorbimento o di deviazione? (es. finestre, alberi, ecc.)

- Cosa evidenzia negli oggetti illuminati?

- Come sono le ombre? In che direzione vanno? Che tipo di definizione hanno? L’ombra è corta? È lunga?

- Qual è il colore con cui sta tingendo la scena?

- Ci sono più fonti di luce?

- Ci sono giochi di luce o luce riflessa?

 

Per poter rispondere correttamente, ci vengono in aiuto alcune definizioni.  

Possiamo classificare la qualità della luce in due grandi categorie: luci dure con ombre decise e contrasti elevati, e luci morbide ed avvolgenti, con ombre sfumate, o inesistenti e contrasti limitati.

Per aiutare la comprensione, vi porto con me alla Lounge Bar Piano35, un posto magnifico scelto proprio per le sue caratteristiche percettive, per come la luce penetra all'interno degli spazi. Essendo al 37° piano del Grattacielo San Paolo progettato da Renzo Piano, la luce non trova molti ostacoli se non il vetro e l’alluminio della struttura.

Prima di scattare è importante fare un piccolo sopralluogo. Cerco di osservare la luce e con il cellulare inizio a prendere appunti visivi...

Ho a disposizione tre cocktail, la luce naturale è la mia unica fonte, non ho attrezzatura professionale con me e devo trovare degli angoli in cui scattare.

Come orario ho scelto di fotografare a partire dalle 17.30 per approfittare dei raggi di luce incidente che entrano dalle vetrate in questo periodo dell’anno. Prima delle 17.30, il Sole sarebbe stato troppo in alto, coperto dal tetto e anche troppo forte a livello di intensità e forza. Non avrebbe dato vita a ombre lunghe, avrebbe creato troppe aree di luce e ombra, troppi contrasti, riflessi e avrebbe mostrato troppi i difetti dei bicchieri. Sarebbe stata una luce poco gestibile. 

Dalle 17.30 invece ho potuto trovare:

  • luce incidente del Sole intensa, penetrante e calda

  • zone di ombra con luce delicata, diffusa e morbida

  • giochi di luce creati dai vetri delle finestre, in fisica si chiamano effetti di rifrazione e sono alla base anche di fenomeni come l’arcobaleno, inoltre all’interno della serra bioclimatica è presente un’installazione artistica che gioca proprio sulla luce e la sua proiezione

La luce dura ha una fonte ben definita e colpisce i soggetti producendo ombre dure come fanno i raggi del Sole nelle giornate d'aria tersa in pieno giorno; la luce dura invade direttamente il soggetto e crea interruzioni nette fra luce ed ombra. 

Riflessioni, diffusioni, rimbalzi in ogni direzione dei raggi, generano invece una luce morbida che accarezza i soggetti, li avvolge e degrada dolcemente da zona a zona. Ha un effetto naturale. 

Per smorzare l’illuminazione abbiamo diverse opzioni. Una di queste è filtrare la luce con un diffusore che la propaga in tutte le direzioni (una finestra, una tenda chiara), attendere una giornata nuvolosa, scattare in ombra, con la prima dell’alba o subito dopo il tramonto (ora blu).

La luce può avere molte direzioni di provenienza, ma riassumendo possiamo identificare tre rispetto al soggetto: luce frontale, posteriore o laterale.

Possiamo sperimentare gli effetti della luce empiricamente illuminando un soggetto con una lampada o una candela, girandogli attorno e assumendo una posizione diversa ad ogni scatto.

L'illuminazione dall’alto è la condizione di luce a cui siamo più abituati, perché il Sole è una costante per noi, quindi è anche la più naturale. Illuminando il soggetto dal basso, per contrasto, invece potremmo sortire un effetto drammatico (vi ricordate “The Blair Witch Project”? L’ombra del naso è creata dalla luce di una torcia posizionata sotto il viso).

Se la luce è frontale, quindi in asse rispetto alla camera, essa illumina il soggetto frontalmente, ha una resa cromatica fedele alla realtà, ma dà poca profondità al soggetto e la fotografia finale risulterà molto piatta. Molto spesso nella nostra esperienza quotidiana ci rendiamo conto di questo effetto quando usiamo il flash sopra la macchina. C’è anche però chi, con questa luce poco interessante, ci ha costruito una carriera intera come Terry Richardson.

Se la luce è laterale rispetto al soggetto enfatizziamo le sue forme, la sua tridimensionalità e la sua texture.

La sorgente luminosa può anche essere posta dietro al soggetto e proiettare ombre verso la fotocamera. Il contrasto del soggetto è alto ed è l’ideale se vogliamo enfatizzare un soggetto in silhouette. Ci sarà una forte luminosità intorno al soggetto, per staccare il soggetto dal fondo, è quella che comunemente si chiama controluce o luce posteriore. 

Nella fotografia di still life la luce più usata è un mix fra luce naturale e posteriore perché se abbiamo un bicchiere o una bottiglia, dobbiamo enfatizzare la sua forma, le sue caratteristiche fisiche come il materiale, il colore e il liquido interno, la sua tridimensionalità, giocare con le ombre e renderla il più possibile accattivante. 

Nella maggioranza dei casi sul set si utilizzano le luci artificiali, la luce artificiale sicuramente è più controllabile e stabile, se si ha esperienza. In fotografia si utilizzano flash monotorcia con diversi diffusori. La luce artificiale offre possibilità di standardizzare il processo di scatto e permette di scattare in condizioni stabili e costanti. Pensate alla realizzazione di foto per un catalogo: si può scattare anche per giorni di seguito in qualsiasi orario, ma non sarebbe possibile mantenere omogenee le immagini in condizione di luce naturale.
La luce artificiale però non è sempre la soluzione migliore. Spesso nei miei shooting cerco di lavorare con la luce naturale, se posso, aggiungendo solo degli schiarimenti di luce artificiale. La luce naturale è molto difficile da riprodurre in studio, soprattutto in studi piccoli. A volte in uno shooting di ambito food, se si cerca di rendere il piatto il più vicino possibile alla realtà, la luce naturale aiuta molto. Questo dipende molto anche dalla nostra cultura visuale, da come cambia nel tempo e dal messaggio che vogliamo comunicare. Guardate le foto degli anni ‘80 raccolte in questo articolo e capirete come fanno in fretta a cambiare gli stili.

C’è ancora una caratteristica importante: il colore della luce. Il termine temperatura di colore è utilizzato in illuminotecnica, in fotografia e altre discipline correlate per identificare la tonalità.

Avrete sicuramente già sentito parlare di Kelvin quando siete andati a comprare le lampadine.

In fotografia non è così diverso. Ogni sorgente luminosa ha una sua specifica temperatura colore, può essere fredda o calda.

Anche se i nostri occhi possono adattarsi automaticamente alle diverse temperature di colore della luce, una macchina fotografica non è sempre in grado di farlo e deve essere bilanciata nel modo corretto. I nostri cellulari riescono abbastanza bene in automatico, ma possono avere dei problemi in situazioni di luce mista. Lo vedremo nel prossimo articolo dedicato alla luce artificiale, quando proveremo a fotografare dei drink dalle sale di EDIT Torino.

Quindi in definitiva, quando dobbiamo scattare? Dipende. 

Non esiste giusto, o sbagliato. Sicuramente il mio consiglio per fotografare un cocktail è facilitarsi il lavoro scegliendo zone ben illuminate, senza grandi elementi di disturbo, in un orario in cui la luce costruisca un angolo in grado di descrivere una certa tridimensionalità provando a sistemare la luce principale lateralmente. Se vi trovate in un dehors, spegnete le luci del locale perché potrebbero influire sul colore, ad esempio creando una dominante gialla nelle ombre e mettendo in crisi il bilanciamento del bianco automatico del vostro cellulare. Se il posto non va bene, portate altrove il vostro cocktail, sperimentate, datevi tempo, ma soprattutto cercate di fare cose molto semplici. Fate delle prove con il bicchiere vuoto e poi all’ultimo costruite il vostro cocktail, quando già avete pianificato lo scatto: dove deve essere, su quale sfondo, con quale punto di vista dovrà essere ripreso e non lesinate sul piegare le ginocchia. 

Le foto di questo articolo sono state scattate all’interno del Lounge Bar Piano35 presso il Grattacielo Intesa Sanpaolo -Torino; Around the Blog ringrazia Simone Sacco, Cristina Megliola e lo staff del Lounge Bar per la disponibilità e cortesia.
Per la realizzazione dei drink, si ringrazia Michael Faccenda del NAt Cocktail House di Torino.

Vanessa Vettorello

Vanessa Vettorello

Fotografa professionista. Collabora con magazine nazionali ed internazionali. Ha lavorato anche con Bacardi, Explora, BBDO, Slowfood, Cantina Gaja, Airbnb, Lenti e Compagnia dei Caraibi. È fermamente convinta che chi beve solo acqua abbia un segreto da nascondere.

Nicolò Canova

Nato nel 1989, è un artista di Torino. Attraverso differenti collaborazioni ed esperienze ha sviluppato competenze in campi diversi, come pittura, comunicazione, grafica e visual design. Sperimenta con tecniche e materiali differenti per ottenere immagini oniriche sempre fresche e dinamiche.