In Fondazione Prada per arte, Bar Luce e Torre

In Fondazione Prada per arte, Bar Luce e Torre

Di Manuela Porcu

Illustrazione di Andrea Bozzo

4 minuti

Ci sono delle immagini che di tanto in tanto compaiono sul nostro feed Instagram. Specialmente se tra i nostri contatti ci sono degli art-goers, potrebbe capitarvi di vederli immortalati tra una serie di funghi giganti e a testa in giù, così belli e scenografici che solo in pochi hanno resistito alla tentazione di postarli. Qualcuno avrà probabilmente intuito che stiamo parlando di arte contemporanea; i frequentatori hanno invece già capito che parliamo della Upside Down Mushroom Room di Carsten Höller e che oggi facciamo un giro in Fondazione Prada

Nonostante Carsten Höller abbia ormai raggiunto i sessant’anni, con le sue opere riesce a farci tornare un po’ bambini - o almeno a farci venire voglia di giocare – e così l’installazione che troviamo alla Fondazione Prada racchiude due leitmotiv dell’artista: la passione per la micologia (prima di dedicarsi alla produzione artistica, Höller è stato entomologo) e l’interesse per una dimensione ludica, interattiva.

I gambi della amanita muscaria – uno dei funghi più radicati nel nostro immaginario già dall’infanzia grazie al mondo delle fiabe Disney, ma famoso per i suoi effetti allucinogeni e le ripercussioni sulla psiche umana – sembrano nascere dal soffitto della sala, e i visitatori passeggiano quasi divertiti tra i loro cappelli. 

Siamo a Milano, in viale Isarco, poco dopo Porta Romana, in uno dei tanti quartieri in piena trasformazione di una città in continuo fermento. La Fondazione Prada rappresenta un po’ il motore di questa trasformazione: è il 2015 quando inaugura lo spazio firmato dal celebre studio di architettura OMA, guidato da Rem Koolhaas, che ha progettato il recupero e la trasformazione degli spazi di una ex distilleria costruita nel 1910 per ospitare la collezione– ma non solo - di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli.
Un progetto architettonico che non è stato né completamente di recupero, né completamente di costruzione ex novo: a una serie di edifici preesistenti, un tempo adibiti a magazzini, silos, uffici ed impianti per la produzione dei liquori, si aggiungono tre nuove strutture che vanno a creare una nuova città nella città, 19.000 metri quadrati dedicati alla cultura, tra spazi espositivi, cinema, bar, ristorante, cortili all’aperto.

Il volume ricoperto da uno strato di foglia d’oro è la Haunted House, uno degli edifici originali della distilleria, che ospita installazioni permanenti di Robert Gober e due lavori di Louise Bourgeois, tra cui uno dei suoi grandi ragni – se siete stati davanti all’Ermitage, a San Pietroburgo, a Tokyo, Londra o a Bilbao, solo per citare i centri più famosi, sapete di quali lavori meravigliosi stiamo parlando.

Le mostre temporanee vengono allestite in diversi spazi; quella inaugurata qualche mese fa – “Useless Bodies?” – visitabile fino al 22 agosto 2022 e concepita dal duo di artisti nordeuropei Elmgreen & Dragset con installazioni immersive, si articola tra il Podium, la Galleria Nord, la Cisterna e gli spazi esterni.
Gli stessi artisti che qualche anno fa hanno fatto “atterrare” nel cuore della Galleria Vittorio Emanuele a Milano una roulotte trainata da una Fiat Uno, portano alla Fondazione Prada, con questa mostra, una riflessione molto interessante sul ruolo del corpo in un’epoca in cui tutto sembra spostarsi su mondi virtuali e metaversi, fatta di installazioni di impatto, come da loro cifra stilistica. 

È alta 60 metri e realizzata in cemento bianco la Torre, uno degli edifici costruiti ex novo dallo studio OMA e che ospita per 5 piani l’esposizione permanente di installazioni, dipinti e sculture della collezione, opere di artisti del calibro di Carla Accardi, Jeff Koons, Walter de Maria, Pino Pascali, John Baldessari, Damien Hirst, e in cui troverete anche la Upside Down Mushroom Room.

Se, a questo punto, in molti non vedrebbero l’ora di fare tappa al famoso Bar Luceprogettato dal regista americano Wes Anderson e ispirato ad una caffetteria milanese degli anni '50, così bello da sembrare un set cinematografico, sappiate che non è l’unica opzione a disposizione per gli amanti dei drink d’eccellenza in posti altrettanto speciali. Rimanendo nella Torre e salendo solo di un altro piano, troverete uno spazio che promette un’esperienza eterotopica: la Fondazione ospita, infatti, un bar e ristorante di apertura più recente e ancora da scoprire.

Progettati sempre da Rem Koolhaas, bar e ristorante Torre si articolano su più livelli e si suddividono in diversi ambienti, in un mix singolare di arte e design. Due opere di Lucio Fontana, uno dei più grandi artisti italiani del ‘900, Cappa per caminetto e Testa di medusa, danno il benvenuto agli ospiti del bar: non male come compagnia per chi vuole godersi un drink con vista (c’è anche la terrazza sullo skyline di Milano) firmato dal mixologist Pietro De Feudis

Parte della collezione della Fondazione prende posto anche nelle pareti del ristorante, dove si alternano le opere di Thomas Demand, Jeff Koons, Goshka Macuga e John Wesley; compaiono gli arredi originali del Four Seasons Restaurant di New York, progettato da Philip Johnson nel 1958, ed elementi dell’installazione The Double Club, un progetto concepito a Londra nel 2008 da Carsten Holler e Fondazione Prada che comprendeva un bar, ristorante e dance club e che mirava ad unire le culture congolese e occidentale.

Se l’atmosfera ricorda quella delle grandi capitali, la collezione dei piatti d’artista realizzati appositamente dagli artisti che hanno lavorato con la Fondazione Prada, esposti sulle pareti del ristorante rimanda, con una rilettura contemporanea, ai ristoranti italiani più tradizionali: John Baldessari, Thomas Demand, Nathalie Djurberg & Hans Berg, Elmgreen & Dragset, Joep Van Lieshout, Goshka Macuga, Mariko Mori, Tobias Rehberger, Andreas Slominski, Francesco Vezzoli e John Wesley.

Al settimo piano però si cambia panorama: qui la vista è direttamente sulla cucina dello chef trentacinquenne Lorenzo Lunghi, resident dal 2020. Così come la programmazione artistica propone un mix tra figure consolidate e approcci emergenti, anche in cucina si alterna la cucina italiana dello chef con delle speciali serate a quattro mani con giovani chef internazionali under 30. 

Tra ristorante e bar, una tappa extra mostra è quindi d’obbligo: momento perfetto per concedersi il guilty pleasure di postare almeno una foto dei funghi di Höller, ma anche di scovare qualche altro dettaglio inedito e molto instagrammabile tra cocktail e i piatti, opere d’arte per occhi e palato.

Manuela Porcu

Manuela Porcu

Da più di dieci anni è impegnata a fare amare l’arte anche a tutti quelli che la circondano. Ha diretto una fiera d’arte dedicata a chi muove i primi passi nel mondo dell’arte, si diverte a scoprire nuovi artisti e beve Bloody Mary.

Andrea Bozzo

Torinese, ha lavorato per: Le Nazioni Unite, The New York Times, Vanity Fair, Il Corriere della Sera, La Repubblica, Internazionale, L’Espresso, Linus... È coordinatore del dipartimento di Communication and Graphic Design dello Iaad di Torino e Bologna e docente di Art Direction.