Quanto influisce la temperatura di servizio sui drink?
È qualche anno che ragiono su questo argomento e ancora non ne sono venuto a capo al 100% dal punto di vista del servizio dei cocktail, però trovo che sia un argomento estremamente affascinante e che in futuro potrebbe diventare un tema centrale in mixology.
La premessa al ragionamento di base è legata al fatto che la percezione del sapore, e di conseguenza la piacevolezza di un drink o di un alimento, è legata alla temperatura.
Ecco subito due esempi pratici.
Il gelato, quando è molto freddo, è dolce al punto giusto, perfettamente bilanciato dal gelatiere. Se lo stesso gelato viene fatto sciogliere, o addirittura viene leggermente riscaldato, in bocca viene percepito come più dolce, nonostante la quantità di zuccheri presenti sia sempre la stessa.
Il secondo esempio può sembrare un po’ scontato, ma è tutt’altro che banale ed è legato a come cambia la piacevolezza di un alimento quando viene mangiato a diverse temperature. Un pezzo di pizza mangiato freddo non ci piace come quando è alla giusta temperatura. Un Negroni a temperatura ambiente non è buono come un Negroni bello freddo. La pizza e il Negroni sono sempre gli stessi, ma alla giusta temperatura li mangiamo/beviamo volentieri, a quella sbagliata ci possono addirittura fare schifo.
Partendo da questi due esempi, ci si rende conto di quanto sia importante capire qual è la giusta temperatura di servizio di un drink e che il bilanciamento dei cocktail va fatto pensando a come questo sarà una volta che avrà raggiunto la temperatura di servizio.
Ecco, queste due cose sono tutt’altro che banali perché è difficile trovare la giusta temperatura di servizio e bilanciare qualcosa tenendo conto del raffreddamento e della diluizione.
Se bilanciare un drink pensando al raffreddamento e alla diluizione diventa via via più facile con l’esperienza e tanti assaggi, capire quale sia la giusta temperatura di servizio e come mantenerla nel tempo è invece un problema non da poco.
Mantenere la giusta temperatura di servizio è difficile perché i cocktail, come tutti i cibi, sono in divenire, ovvero cambiano nel tempo: un cocktail si scalda, una pizza si raffredda. Quanto sarebbe bello però avere un Daiquiri alla stessa temperatura dal primo all’ultimo sorso?
Inoltre, non bisogna dimenticare che i cocktail hanno bisogno di essere raffreddati e diluiti e che, come ho spiegato ampiamente su Cocktail Engineering, raffreddamento e diluizione vanno sempre di pari passo: un Negroni miscelato con ghiaccio fino a -2°C è più diluito dello stesso Negroni miscelato fino a 0 °C.
Un drink servito su ghiaccio continuerà a diluirsi e a variare, più o meno vistosamente, la sua temperatura, mentre un drink servito in coppa tenderà a scaldarsi.
Una tecnica di miscelazione che ci permette di controllare raffreddamento e diluizione è la tecnica milkshake con ghiaccio a neve: se quest’ultimo viene pesato e fatto sciogliere completamente, a parità di drink e di temperatura iniziale degli ingredienti, ci darà sempre la stessa diluizione e lo stesso raffreddamento.
È la tecnica che preferisco usare per la Piña Colada che però non può essere applicata al Negroni o all’Old Fashioned. Per questi drink si deve procedere in stir, possibilmente utilizzando un termometro, di modo da fermarsi alla temperatura che ci garantisce il punto ottimale tra diluizione e raffreddamento.
Concludo invitandoti a fare dei test e ragionare anche sui drink caldi, troppo spesso snobbati da bartender e clienti ma favolosi durante il periodo invernale, soprattutto durante le feste natalizie. Un buon Coffee Grog o, perché no, un Bloody Mary tiepido, sono drink eccezionali. Non ti dimenticare di ribilanciare le ricette e di trovare la giusta temperatura di servizio.
Buona Miscelazione!