Povero, povero collezionista. A quante cose deve pensare per preservare le sue (amate) bottiglie?
Difatti, quando un oggetto viene stretto dall'abbraccio (mortale?) del collezionismo, perde il suo connotato d'uso originale e, d'improvviso, obbedisce a nuove regole. Cambiano spesso anche i suoi acquirenti, che hanno capacità di spesa rilevantemente superiore ai precedenti e, sovente, con una inversa reale passione.
Sicché, il povero collezionista è obbligato a prestare particolare attenzione al livello del liquido, che non dovrebbe scendere al di sotto del collo della bottiglia, e all'integrità della medesima in ogni sua componente, dal tappo alla capsula (che non deve girare a vuoto), dall'accisa di Stato dove prevista all'interezza e leggibilità dell'etichetta. Non basta: la scatola originale, ce l'ha?
Senza tutto ciò il valore dell'oggetto si deprezza, anche in misura consistente.
Le quotazioni che si trovano sul web, alcune talmente assurde da gareggiare con Ionesco, si riferiscono a quelle che rispettano tutte le condizioni aspirando alla perfezione.
C'è poi la remotissima ipotesi del sentore di tappo (di gran lunga inferiore a quel che si riscontra nel vino), dovuto all'acido tricloroanisolo provocato dalla presenza nel sughero di un parassita, l'Armillaria Mellea, (quanto rimpiangiamo i funzionali tappi a vite del passato, sistema inventato dallo stagnaio americano John Landis Mason nel 1858), sebbene abbiamo la cocente impressione che al collezionista poco gli importi, poiché di rado intende berla.
Come non bastasse si aggiunge, ma solo per le bottiglie antiche, un ulteriore elemento, domestico, anzi per la precisione sinantropico.
Se si eccettua quando siano volontariamente inseriti, come avviene con gli animali domestici, le creature sinantropiche sono dei "convitati di pietra" in quanto godono dei benefici degli ambienti molto vicini all'uomo come le nostre case (il termine viene dal greco syn, che significa assieme, e anthropos, vale a dire uomo), per la presenza di cibo e soprattutto l'assenza di predatori.
Bene, il whisky scozzese, che deve parte della sua acclamata notorietà all'alacre lavoro di un insetto made in U.S.A., la fillossera della vite, che a partire dal 1872 ha distrutto i vigneti atti a diventare Cognac nella Charente francese, ha tra i collezionisti di bottiglie del passato per nemico un'altro insetto.
Chiamatelo come volete, con il nome settecentesco di Linneo, Lepisma saccharina, oppure con quelli comuni di pesciolino d'argento, argentino, acciughina, questo insetto lucifugo antennato popolare abitante delle dimore umane, ha il suo habitat ideale negli ambienti umidi della casa, spesso si nasconde in fessure o dietro ai quadri, e si nutre di carboidrati, in particolar modo degli amidi presenti nella cellulosa. Quindi carta da parati, libri ed... etichette.
Amano rosicchiarle e se lo fanno siamo in presenza della buona composizione d'un tempo. Quindi potete stare tranquilli: se le vostre bottiglie da collezione sono moderne, con quelle etichette adesive in pvc, non correte pericolo; diversamente un rimedio potrebbe essere tenere fra le pagine di un libro o in prossimità di queste bottiglie, delle foglie di alloro o dei sacchetti di lavanda.
Oltretutto avrete il beneficio di un riconoscimento olfattivo, pur conservando la bottiglia intatta e chiusa!