Gli Stati Uniti rimasero asciutti per quasi quattordici anni.
Il periodo iniziò il 16 gennaio 1920, a un anno esatto dalla promulgazione del Volstead Act, e ciò non servì allo scopo prefissato, mentre fu di grande aiuto alla criminalità organizzata.
Era un martedì quel 5 dicembre 1933 (alle ore 17.27 ora dell'est), data importante per chi apprezza le bevande alcoliche di ogni genere, poiché attraverso il ventunesimo emendamento la Costituzione americana pone fine a ciò che aveva instaurato con il diciottesimo di emendamento, vale a dire il National Prohibition Act, il Volstead Act già citato, in onore del suo promotore parlamentare, l'avvocato Andrew John Volstead.
Prohibition Ends at Last, titolano entusiasti i quotidiani. Folle in giubilo ringraziano lo stato dell'Utah, trentaseiesimo voto necessario per rimuovere l'interdizione, e si riversano sulle strade e nei locali di mescita, finalmente presi d'assalto senza la preoccupazione di commettere un peccato. In realtà, tranne che nei primi anni dove si ebbe una riduzione del 30%, molte stime, difficili da farsi dato il clima di illegalità vigente, sono concordi a sostenere che in breve i consumi di alcol tornarono e infine superarono quelle precedenti l'atto. Quindi l'aver tenuto l'America asciutta per quasi quattordici anni (il periodo iniziò il 16 gennaio 1920, a un anno esatto dalla promulgazione del Volstead Act) non servì allo scopo mentre fu di grande aiuto alla criminalità organizzata.
Ora, quando si pensa al Proibizionismo spesso lo si crede solo un fenomeno americano e invece gli Stati Uniti furono addirittura tra gli ultimi ad imporlo e, come è risaputo, ancora vige in altre nazioni, ad esempio in tutti i paesi che seguono la sharia.
Il Regno Unito lo scampò, limitandosi a una chiusura anticipata dei pub e fondamentalmente approvando una legge che proibì il consumo di alcol immaturo, stabilendo che doveva essere invecchiato in magazzino doganale per almeno due anni, che divennero tre nel 1916, poiché fu ritenuto, in questo caso al riguardo del whisky, che l’ubriachezza dei lavoratori fosse provocata da quello assunto grezzo e a buon mercato.
In Canada, nel periodo tra il 1907 e il 1917, quasi tutte le provincie proibirono a vari livelli l'alcol, e nazionalmente tra il 1918 e il 1920, per poi gradualmente legalizzarlo. Ultima in territorio canadese fu l'Isola del Principe Edoardo nel 1948.
Anche nelle isole Fær Øer appartenenti alla Danimarca è il 1907 la data di interdizione che terminerà, pensate, solo nel 1992, con un tentativo fallito di reintrodurre l'alcol con un referendum bocciato nel 1973.
Circa la Russia, lo zar Nicola proibì l'alcol il 31 luglio 1914 e il divieto proseguì con U.R.S.S. fino al 1924 quando Stalin lo abolì e introdusse nell'agosto 1925 il monopolio di stato.
In Islanda, all'epoca dell'appartenenza alla Danimarca, la proibizione durò dal 1915 (ma la legge era antecedente del 1908) al 1935 per i liquori, e la birra nell'isola divenne legale solamente il 1° marzo 1989.
La Norvegia vietò l'alcol nel 1916 e dei referendum confermarono la decisione tre anni dopo, escludendo però i liquori! Nel 1923 si tolse l'interdizione e nel 1926 si ritentò con un referendum a proibire i liquori che fallì nuovamente.
A seguito dell'indipendenza dall'Impero russo, la Finlandia proibì l'alcol nel 1919 che, grazie a un referendum del 1932, tornò ad essere legale a partire dal 5 aprile 1932.
Del tutto particolare ciò che avvenne in Svezia. Si provò a vietare l'alcol con un referendum nel 1922, che fu respinto con il 51% dei voti, tuttavia ci fu un razionamento del consumo di esso con la creazione di libretti personali (chiamati motbok) rimasti in vigore fino al 1955.
Forse più che ogni sorta di proibizione, occorrerebbe non bere ma degustare e con moderazione.