Quattro sorsi di Atene

Quattro sorsi di Atene

Di Giulia Grimaldi

Illustrazione di Ilaria Urbinati

5 minuti

Forse avrete sentito parlare dell’entusiasmante scena ateniese: che si tratti di gallerie, di bar, di vinerie e di posti dove bere, fumare e scambiare opinioni, Atene c’è.
Quando si parla di cocktail bar, due nomi vengono subito alla mente, ormai presenti da anni nella classifica dei 50 Best Bar: sono il Baba au Rum e il The Clumsies, rispettivamente al 25° e al 47° posto. Si trovano in centro, a pochi minuti uno dall’altro e ci sono un sacco di motivi per andare a berci (almeno) un drink.
Il Baba au Rum è piccolo e accogliente, di ispirazione dadaista sia nell’ambiente che nel menu: un mix bilanciato di creatività, calore e stile. Quando ho ordinato l’Anti-Novel Margarita, dalla lista degli “Avant Guarda Cocktails”, il barman mi ha detto che ero fortunata quella sera, e non posso che confermare: così perfetto che ho ancora i ricordi impregnati dal retrogusto del tè oolong con una punta di menta.
Il The Clumsies è una casa che si scopre piano piano, passando da una stanza all’altra, con il bancone del bar che occupa egregiamente la scena. Fondato nel 2014 da Vasilis Kyritsis e Nikos Bakoulis, al The Clumsies si possono ordinare quelli che ormai sono dei classici, come il Medianean Gimlet, che vi ricorderà subito dove vi trovate, o provare le nuove più estreme sperimentazioni, come la variante del Margarita Catching a Falling Star.

Ma proprio perché questi nomi compaiono su tutti i siti che vi consigliano dove bere bene ad Atene, questo tour in città passerà da bar meno noti. La missione, questa volta, consisterà nel trovare quella combo drink + locale che meglio vi farà vivere l’atmosfera, i sapori e i profumi della città. Non è detto che siano sempre i migliori in assoluto, ma sono a mio parere quattro locali dove vivere appieno questa capitale vorticosa ed eccitante.

Iniziamo dal luogo più vissuto di Atene: piazza Monastiraki. Qui le auto scorrono a passo d’uomo, le persone van di fretta, qualcuno aspetta, i carretti della frutta colorano la piazza, tanto storica e contemporanea allo stesso tempo. Infilatevi in via Miaouli, entrate nell’hotel A for Athens e salite al sesto piano, dove vi aspetta una terrazza con forse la migliore vista sull’Acropoli. Venite al tramonto e godetevi i colori delle montagne: qualunque cosa beviate qui, saprà di Atene già solo per la vista, ma la lista dei cocktail rincara la dose seguendo il tema dell’Odissea. I 50 best Discovery suggeriscono uno  Stormy Martini e il Ciclope, ma il bartender mi indica un Athens Spritz, e chi sono io per contraddirlo.
Il bicchiere rosato richiama i colori della rocca su cui svetta l’Acropoli e i sapori sono una bella sorpresa: c’è l’Otto’s Athens Vermouth, il primo vermouth greco, creato nel 1850 da Ioannis Voucher su indicazione del Re Otto, fatto con vini dell’Attica e un mix di erbe che include petali di rosa e fiori di agrumi; poi il Vamma Vermouth, altra produzione locale con note di coriandolo, lavanda, salvia e carruba cretese; prosecco, arancia amara e timo a concludere. Il risultato è quella leggerezza che sa di giardino mediterraneo che non può che dare il via a una perfetta serata ateniese.

Per continuare avete un bar interessante circa ogni 50/100 metri, ma dal momento che vogliamo esplorare questa città tanto famosa ma poco conosciuta, spingetevi oltre Piazza Syntagma, attraversate i giardini e dietro allo Stadio Panateatico arrampicatevi tra le vie di Pangrati. Case basse, scalinate, piante e gatti che si godono l’ombra. Sembra un paesino, invece è un quartiere storico che è riuscito a sfuggire alle barbarie architettoniche degli anni ’70.

Qui c’è una piazzetta che sembra fatta per un cocktail tra l’aperitivo e la serata, magari spizzicando olive, fava o qualche sardina (anche se sarete proprio vicini a uno dei ristoranti più interessanti della città, Akra, a pochi metri). Io però mi faccio vincere dal brusio della piazza e mi siedo al Frater & Soros. Nato come gin bar sei anni fa, ora offre cocktail e cibo da condividere. La mia scelta va dritta al Green Garden, dove il sapore del gin diventa greco con il basilico, la ginger beer ed un cordial al cetriolo fatto dai barman che va bene con tutto, proprio come nella cucina greca. Molto fresco, spinto dal kick finale del pepe.

Se l’atmosfera di Pangrati vi farà pensare di essere in un paesino a due passi dal centro, a Petralona l’effetto è raddoppiato.
La vita qui ruota intorno alla piazza su cui si affaccia una libreria hipster, una manciata di 
kafenion (bar tradizionali), una taverna e strade che vi portano ad altre taverne (provate Oikonomou), una bella vineria (To Koperti) e un luogo che, da solo, vale il viaggio fino a qui: Line Athens

Entrato dritto al dodicesimo posto della lista dei 50 Best Bar, Line non è un bar qualunque. Varcando l’enorme porta senza insegna si entra in uno dei mondi possibili, uno alternativo a quello del consumo sfrenato e delle mode. Lo spazio era una fabbrica di abbigliamento, poi una galleria d’arte  e di entrambi i passati restano le tracce, che si tratti del pozzo in mezzo alla sala o delle opere d’arte di fianco a cui vi siederete (acquistabili, se vi interessa). Una statua di Afrodite, all’estremità del bancone, sembra fare l’occhiolino: è un importante reminder a non prendersi sul serio, a ricordarsi che i bar son fatti per divertirsi, innamorarsi e giocare.  

Il locale è stato fondato da Vasilis Kyritsis e Nikos Bakoulis (del The Clumsies), e da Dimitris Dafopoulos. Il loro obiettivo era creare un locale sostenibile, sia dal punto di vista del prodotto, che delle persone. Lo staff viene messo in condizione di non avere preoccupazioni e poter creare in serenità (una cosa non sempre ovvia nel mondo della ristorazione, anche in Grecia) e ogni prodotto viene acquistato sfuso, in grandi quantità al momento della maturazione perfetta, in modo da evitare sprechi e ottenere il massimo risultato. 

Qui tutto viene usato al massimo potenziale, e da questa idea sono nati i Why-ins: dei “vini” di frutta che non sono l’uva. L’uva, sempre più sensibile al cambiamento climatico, non è sostenibile, per cui hanno deciso di lavorare sui frutti che i loro contadini riescono a coltivare meglio. Entro nella cucina/tempio mentre è stato preparato il vino di fragola, che riposerà fino a novembre. Il sapore è una sorpresa, profumato ma inaspettatamente secco. Per crearlo è stato preso il 60% del succo di fragole, mentre il restante 40% è stato mischiato allo zucchero e pressato per diventare sciroppo per la loro variante del mojito alla fragola. Quel che resta è stato usato per fermentare e diventare un sale per i cocktal, mentre un’altra parte è andata in cucina per diventare marmellata o chutney. E i gambi verdi? Infusi con la vodka, distillati e pronti a finire in un altro cocktail. Cucina e bar e birrificio uniti in una linea (ovviamente) in continua evoluzione. E mentre dei Why-in ci sarebbe molto da dire, io sono qui per ordinare un cocktail che sappia di Atene. Ma loro non me lo danno, perché in effetti è una richiesta banale di fronte a tutto questo pensiero concretizzato in azione politica, oltre che in sapore.

Allora Nora mi serve un Punch e io volo. Rum Anejo/siero di yogurt/avanzi di frutta tropicale/erbe e spezie, dice la carta dei cocktail, ma quel che c’è lì dentro è molto altro. Mi arriva un bicchiere con un liquido limpido e rosso vivo, sormontato da quella che sembra una mozzarellina ciliegina. Il punch è un’infusione di rum con gli avanzi della frutta usata per gli altri cocktail e delle bustine di tè e tisane (motivo per cui ogni volta è un po’ diverso), poi chiarificato con lo yogurt greco. La pallina bianca è un formaggio che proviene dagli avanzi del cocco (utilizzato per una collaborazione con il ristorante Delta, a due stelle Michelin) chiarificato anche lui. A questo punto penso che non ci sia niente che rappresenti Atene meglio di questo cocktail innovativo, apparentemente semplice, messo insieme prendendo da cose che altri butterebbero, eppure spettacolare. Stare qui fino a chiusura mi sembra un’ottima idea, ma non pensate che sia finita.

Quando per molti è ora di tornare a casa, c’è ancora un posto da visitare. Si torna in centro, in un angolo scuro nascosto in bella vista, a pochi passi da Syntagma. Il 7 jockers è il luogo di ritrovo dei tiratardi, dello staff dei locali che, dopo una serata di lavoro ha voglia di bere qualcosa prima di rientrare. Qui la notte non ha un orario definito: basta entrare tra le sue mura per finirci dentro. L’ambiente è una sorta di covo dei pirati della notte. Il menu è ispirato ai venti e per sentire nel bicchiere, il profumo di Atene, la scelta migliore è l’Óstria, ispirato dal vento umido che spira da sud nella rosa dei venti (Ostro in italiano). Nel bicchiere troverete un temporale estivo fatto di un gin locale, con il suo mix di venti botaniche elleniche, tra cui ginepro, siderite, basilico, zafferano, salvia, camomilla e mastiha; la Masthia, con il suo inconfondibile sapore di resina; poi menta, miele, lime e olio di menta.
Mi sembra giusto che a quest’ora della notte, il sapore di Atene sia balsamico, con qualche nota floreale e quel dolce della Masthia interrotto dal gin. È una primavera ateniese senza dubbio, con l’olio che ammorbidisce la bevuta come uno scorcio di Acropoli prima che arrivi dritto il gin, o il cemento. Ma, consiglia il 50 Best Discovery, arrivati qui potreste aver semplicemente voglia di uno shottino, e sarete nel posto giusto.

Le foto presenti nell'articolo sono di Lorenzo Romani.

Giulia Grimaldi

Giulia Grimaldi

Costantemente in viaggio tra strade di terra e parole, adora attraversare confini mentali e geografici. Digital Editor per Lonely Planet, scrive per diversi magazine e, se si immagina seduta ad un bancone, in mano si ritrova un Old Fashioned.

Ilaria Urbinati

Nata a Torino dove ha studiato Illustrazione allo IED, vive ora a Bologna. Freelance da dieci anni, ha all’attivo importanti collaborazioni nel mondo dell’editoria italiana e straniera. Realizza volumi per bambini, con incursioni nel mondo della graphic novel, dei quotidiani e della pubblicità.