Gli Stati Uniti sono un grande contenitore di storie: alcune molto serie, che hanno a che fare con il destino economico e sociale del mondo in cui noi tutti viviamo; altre più leggere e peculiari, che però - curiosamente - condividono con le prime la stessa dignità e lo stesso valore narrativo. Questo fa sì che spesso i confini tra informazione e intrattenimento, tra scienza e fantascienza, tra trama e complotto diventino sempre più sfumati e che tutte queste storie condividano la stessa potenza retorica di fondo. Una dinamica molto avvincente, che forse sta alla base della fascinazione che gli Stati Uniti ancora esercitano a livello planetario.
Anzi, ultraplanetario!
Per capirlo basta farsi un giro a Roswell, New Mexico.
La piccola cittadina del deserto dove nel 1947 arrivarono gli alieni.
La leggenda narra infatti che il mattino del 3 luglio 1947 William Ware Mac Brazel, proprietario del Forest Ranch situato a circa 120 km dalla capitale della contea di Chaves, Roswell appunto, avesse trovato nella sua proprietà diversi resti di un oggetto volante non meglio identificato: lattice, lamine, rottami d’acciaio. Una coppia di coniugi negli stessi giorni dichiarò di aver avvistato nel cielo notturno del 2 luglio qualche cosa di provenienza ignota, che non avevano mai visto prima ma che aveva la forma di un disco volante. Furono avvisate le autorità: sia lo sceriffo della contea che, poi, i militari. Furono questi ultimi a prelevare i resti e a trasportarli in un luogo segreto dichiarando poco dopo alla stampa che quello che i signori del posto avevano visto e trovato non era un UFO. Ma senza aggiungere molto altro.
La storia terminò lì, finché negli anni Settanta e successivamente negli anni Novanta alcuni ufologi e teorici del complotto dichiararono che i militari e dunque il governo degli Stati Uniti avevano occultato le prove del ritrovamento di una vera e propria navicella spaziale e dei resti di alcuni alieni che si trovavano all’interno, tutte cose che - secondo loro - erano state trasportate nell’allora appena nata Area 51, in Nevada. Si era trattato di una vera e propria operazione di insabbiamento della verità che adesso era ora, però, di portare alla luce. Vennero allora diffuse (presunte) prove di ogni tipo: esami di laboratorio, testimonianze oculari, registrazioni, rapporti, ricostruzioni. Nel 1991 fu fondato anche il Museo internazionale degli UFO, attivo ancora oggi e punto di riferimento dei moltissimi turisti che si recano a Roswell ogni anno da allora.
Sì, perché la parte interessante di questo celebre caso alieno non è tanto la spiegazione storica e consequenziale dei fatti (che pure c’è ed è di dominio pubblico), quanto la loro manipolazione narrativa, il piegarsi e il moltiplicarsi di tanti universi diversi che insieme formano una storia molto avvincente, soprattutto dal punto di vista del marketing. Chi crede agli alieni continuerà a farlo, chi non ci crede continuerà a non crederci, ma intanto Roswell su questo evento ha costruito un’economia e, persino, un’anima.
Il McDonald’s del posto è a forma di astronave, un alieno verde gigante tiene tra le braccia come fosse un cartello l’insegna di Dunkin’ Donuts, la caffetteria più carina della cittadina si chiama Stellar Cafè mentre lo studio di tatuaggi è specializzato in disegni di navicelle spaziali e creature sovrannaturali di ogni tipo. I cartelli al limitare della città sono verde acido e hanno dei piccoli dischi volanti incastrati in cima, come se si fossero appena incagliati nei campi pieni di bestiame. Il già citato museo ospita all’interno diverse “scene” degli alieni sezionati dagli scienziati o appena sbarcati dall’UFO o camuffati in mezzo alla popolazione, come hanno anche raccontato alcune storie della pop culture come il telefilm Roswell, la serie animata Futurama e l’omonimo film di Jeremy Kagan del 1994. Ci sono persino dei festival di cocktail e bevande a tema alieno, anch’esse rigorosamente verde fosforescenti (anche se gli alieni della serie tv bevevano Tabasco e, nel remake degli ultimi anni, acetone per le unghie).
Roswell oggi conta una quantità di negozi a tema alieno e astronautico quasi incalcolabile, considerato soprattutto che si tratta di un piccolo centro urbano che non supera i 50 mila abitanti. Un risvolto economico che questo angolo remoto del New Mexico non avrebbe mai potuto avere se si fosse attenuto alla spiegazione storica dei fatti: ovvero che quei resti appartenevano a un velivolo che nel 1947, agli albori della Guerra fredda, serviva al Pentagono e all’esercito per condurre esperimenti nucleari e atomici. Esperimenti segretissimi di cui non si diede notizia allora proprio per non fare arrivare le informazioni alla nemica Unione Sovietica.
Roswell è molto vicina a Los Alamos e a Trinity, i luoghi in cui fu inventata e sperimentata la bomba atomica solo due anni prima del presunto ritrovamento dell’UFO e in cui ancora oggi ci sono laboratori e aree militari vastissime. Un dettaglio, questo, che nel 2025 tutti conoscono bene ma che, nonostante sia solidamente provato dalla storia e dalla scienza, nel museo di Roswell riesce a essere piegato anch’esso alla volontà extraterrestre: nella piccola sala cinema che chiude la visita, infatti, va a rotazione un video degno di Hollywood con tanto di effetti speciali raffinati e un’altisonante voce narrante che racconta al pubblico come sia stata proprio la bomba atomica lanciata in Giappone due volte a renderci visibili dagli alieni nello spazio profondo e a fargli venire voglia di venire a conoscerci.