Vecchi saloon e nuovi cowboy

Vecchi saloon e nuovi cowboy

Di La McMusa

Illustrazione di Matteo Aversano

Non ricordo come immaginavo l’America prima di viverla.
So che ne avevo un’idea ben precisa e so che scoprii presto che quell’idea era tutta sbagliata. Però adesso che trascorro negli Stati Uniti diverso tempo ogni anno faccio fatica a ricordarmi cosa pensavo di sapere così bene. Erano stati i film sull’autunno a New York a dare forma al mio immaginario? I telefilm adolescenziali? I fumetti western che collezionava mio padre e la musica country? Le case con il vialetto che comparivano spesso nelle sigle dei programmi? I libri?

Alcuni ricordi sono andati perduti, altri rivivono nella poesia: faccio questa dolce scoperta quando sul mio cammino incontro Sam Shepard. L’anello di congiunzione tra il vecchio immaginario americano e la modernità di un’America nuova.
Sam Shepard - scomparso solo qualche anno fa - è stato uno scrittore, sceneggiatore, attore e drammaturgo della generazione di Bob Dylan, Patti Smith e Lou Reed, dei quali era infatti grande amico.
Sposato per lungo tempo all’attrice Jessica Lange e collega per diverse produzioni del regista tedesco Wim Wenders, Sam Shepard ha tenuto fede ai suoi impegni di marito e professionista pur conducendo una vita nomade, vagabonda, romanticamente cowboy. 

Molti dei suoi libri lo testimoniano sin dalla copertina: lo scrittore è ritratto seduto sul cofano della sua vecchia decappottabile, la strada dietro di lui si perde nel nulla, in testa ha un inconfondibile cappello a tese larghe e i suoi occhi ci fanno presagire un’imminente nuova partenza verso l’America più profonda. Niente cavalli al seguito ma in lontananza insegne di motel al neon, ai suoi piedi stivali con gli speroni, davanti o dietro di lui tramonti rossi e un orizzonte sempre ampio.

La vita di Sam Shepard è stata così: in sella alla sua macchina, ha dato una forma nuova ai vecchi miti americani. In primis quello del cowboy e subito dopo quello del viaggio on the road. Basta guardare l’inizio di un film bellissimo, eppure poco conosciuto: Non bussate alla mia porta, diretto appunto da Wim Wenders.
Shepard interpreta il personaggio principale, un attore che a sua volta deve interpretare un film western nel bel mezzo di quei deserti rocciosi e arancioni che abbiamo imparato a conoscere così bene dalla tv. Non più ispirato e, anzi, stufo di quella vita posticcia che non interessa più a nessuno - e sicuramente non a lui - il protagonista abbandona il set al galoppo e attraversa a cavallo una buona parte di quel paesaggio western.
Una volta arrivato nel suo paesino del Montana, ecco che il personaggio abbandona completamente i vecchi miti televisivi - incluso il cavallo - e ci svela qual è la vera America del West e chi sono i veri cowboy.

Ode a Sam Shepard.
Ode a Sam Shepard.

Una cosa simile fa nelle pagine dei suoi libri: brevi racconti di viaggio, ritratti di personaggi ai margini e situazioni remote, poesie. Ognuno di questi brani riporta la data in cui è stato scritto e il luogo: sono tutti deserti, paesini, strade e parchi di cui nessuno ha mai sentito parlare. 

Tipo questo: Lajitas è un minuscolo paesino del Texas al confine con il Messico. Il Rio Grande, quel fiume leggendario che costituisce la frontiera meridionale degli Stati Uniti, è proprio a un passo e non è per nulla grande come vorrebbe il suo nome. Shepard è in un saloon, attorno a lui si radunano uomini del posto che non attendono pistoleri e sceriffi bensì il risultato di una partita di basket. La tv è accesa in un angolo, tutti sono concentrati a guardarla, in silenzio. Bevono whisky, un po’ alla volta ma in maniera costante e ritmica.
Man mano che ci si allontana dal bancone e dai tavoli dove sono seduti gli americani, nei bicchieri scompare il whisky e compare la tequila. Un gruppo di messicani è qui. Nonostante sia illegale attraversare il Rio Grande, in questo piccolo saloon di frontiera nessuno ci fa caso: questi uomini sono qui per bere, per stare insieme e stare bene, prima di tornare sull’altra riva quando fuori si sarà fatto ormai buio. Shepard li osserva, da lontano, da sotto il suo cappello da cowboy da cui non si separa mai: sa che quei messicani non hanno la passione del basket né dei film western. Bevono seduti al loro tavolo in attesa che la partita finisca, che gli americani vadano via e che la musica del juke-box rimanga solo per loro. 

Quando questo succede, pochi minuti dopo, Sam Shepard è ancora lì, seduto nell’ombra al bancone, a imprimersi quell’immagine nella mente per poi scriverla in uno dei suoi diari: i messicani si alzano, scelgono la loro canzone e si mettono a ballare. A ballare insieme, a lungo. La tequila resta sul tavolo, in attesa dell’ultimo sorso prima di attraversare di nuovo il fiume e, nel buio del deserto, tornare a casa. 

L’America non sarà più quella dei film, ma i suoi angoli nascosti mantengono un fascino incrollabile. Ci vuole qualcuno che vada a scovarli e ce li racconti, però. Sam Shepard, l’ultimo dei cowboy, ci mancherà.

La McMusa

La McMusa

La McMusa, alias di Marta Ciccolari Micaldi, porta l'America dei libri in Italia e gli italiani in America. Ha da poco pubblicato per Rizzoli Edizioni il memoir "Sparire qui".

Matteo Aversano

Fumettista e Illustratore dal 2011, torinese di adozione, amichevolmente “Teo”.