Acqua e vino possono sembrare poli opposti, ma non lo sono affatto. Il vino è per buona parte costituito da acqua - generalizzando intorno all'85% -, ma è soprattutto la viticoltura a essere fortemente influenzata dalla più femminile, rigenerante, mutevole ed essenziale componente terrestre.
Si levino gli ormeggi e si spieghino le vele, dopo aver conquistato alcune tra le più alte vette del mondo alla scoperta dei vini d'aria, la seconda tappa del viaggio attraverso il vino e i quattro elementi naturali scivola sull'acqua, viene rinfrescata dalla pioggia e cullata dalle onde del mare.
I vini d'acqua sono nettari che nascono in zone costiere o al centro di una piccola isola, oppure a pochi passi dal mare, magari da vigneti aggrappati a una scogliera a picco sull'oceano; altre volte vengono addirittura affinati in un ambiente buio e ovattato del tutto inusuale: gli abissi. Ci sono poi le viti che affondano volentieri le radici in terreni di origine marina, dove dal suolo emergono fossili di conchiglie e scheletri di preistoriche balene: sono terre che in passate ere geologiche costituivano il fondale di un antico mare.
In ogni caso, i vini che prendono forma dall'acqua, nell'acqua, o dal ricordo dell'acqua, ne assorbono tutto il principio vitale e mostrano caratteristiche peculiari proprio grazie a questo liquido trasparente in grado di donare infinite sfumature al vino.
Ma non sono solo vini d'acqua salata a conquistare i palati di tutti gli enoappassionati: fiumi e laghi sono da sempre altrettanto importanti per la coltivazione della vite. La maggior parte delle aree vinicole più famose al mondo trae giovamento dalla vicinanza di un corso d'acqua dolce che mitiga il clima e favorisce le escursioni termiche tra il giorno e la notte, un requisito importante per la formazione del corredo aromatico di un vino; in passato, inoltre, il fiume permetteva il trasporto più rapido dei prodotti. Infine, sotto forma di pioggia, l'acqua dona refrigerio, purifica e rende fertile la terra.
E se il germoglio della viticoltura è da ricercare in Georgia, fin dall'antichità il fulcro commerciale del vino fu il Mar Mediterraneo: un business fortunato, considerando la gran quantità di anfore un tempo colme di vino rinvenute dagli archeologi, ma anche e soprattutto il tramite per uno scambio di prodotti (tra cui diversi vitigni), lingue, caratteri e tradizioni che ha portato all'odierna cultura mediterranea. La vite si è di fatto evoluta attraverso l'acqua come principale via di comunicazione. Da qui, la rotta dei vini d'acqua ha oltrepassato le Colonne d'Ercole, navigando attraverso gli oceani e approdando su nuovi mondi. Così la vite euroasiatica raggiunse gli altri Continenti, compresa anche la lontanissima e misteriosa Rapa Nui, l'Isola di Pasqua che nel mezzo dell'Oceano Pacifico della Polinesia cilena custodisce 3.500 viti di Chardonnay e 3.500 viti di Pinot nero impiantate recentemente da un gruppo di imprenditori, enologi e agronomi, ma anche alcune viti selvatiche ancora da studiare e probabilmente introdotte per la prima volta dai coloni provenienti dalla Polinesia francese.
Vanno e tornano come un moto ondoso anche le pratiche enologiche. Negli ultimi anni, infatti, accanto al perfezionamento delle tecniche di vinificazione avvenuto grazie all'esperienza, ma soprattutto alla tecnica e allo studio, sono - di contro - tornati a galla primordiali metodi di produzione o di affinamento del vino. Sull'Isola d'Elba, per esempio, un viticoltore ha deciso di ripercorrere le imprese enologiche degli antichi Greci dell’Isola di Chio il cui vino, oltre 2.000 anni fa, era apprezzato in tutto il Mediterraneo grazie a un trucco all'epoca tenuto segreto: l'immersione delle uve in mare in piccole nasse di vimini. Questo passaggio della durata di pochi giorni favorisce effetti antiossidanti e antisettici grazie alla presenza del sale marino e consentirà alle uve, una volta fuori dall'acqua, di accelerare la concentrazione degli zuccheri preservando tutti gli aromi, donando inoltre un tocco di salinità in più. In tal modo, l'attuale vitivinicoltura permette di azionare i pulsanti della macchina del tempo e porta alla scoperta di profumi e gusti che si pensavano perduti.
Probabilmente ispirate dalla storia e dalle anfore ritrovate all'interno di relitti adagiati sul fondo del mare, sono sempre di più e sparse in tutto il mondo le cantine che credono nelle potenzialità di un affinamento subacqueo. Secondo studi ancora in corso, non le uve, ma le bottiglie lasciate a maturare al buio e alle temperature costanti degli abissi, accarezzate inoltre dalle correnti marine, si distinguerebbero da quelle affinate sulla terra per il maggior carattere finale. Queste bottiglie si riconoscono, inoltre, per via dei segni che il mare ha lasciato sul vetro, impreziosendole di conchiglie e incrostazioni marine. Come un'opera d'arte degna del tratto di Jackson Pollock, Nettuno ha dato forma al vino e ne ha disegnato l'etichetta rivelandosi un ottimo cantiniere.
Così il mare si fa cantina e l'acqua si conferma sorgente di vita ma anche di vino.