Noma e Geranium a Copenaghen

Noma e Geranium a Copenaghen

Di Luca Iaccarino

Illustrazione di Nicolò Canova

2 minuti

Per noi appassionati di cibo, “Copenaghen is a state of mind”: non c’è città al mondo che negli ultimi dieci anni abbia scritto la storia della gastronomia come questa.
Basterebbe dire che nel 2021 la classifica 50 Best Restaurants ha premiato come migliore locale del pianeta il Noma e che nel 2022 il premio è andato al Geranium; mentre l’altra competizione OAD ha valutato numero uno in Europa Alchemist: tutti e tre nel raggio di un paio di chilometri. Copenaghen è ricerca, sfide, azzardi, fermentazioni, vini naturali, biciclette, vinerie cozy e locali hygge (che è il modo con cui qui dicono "accogliente").

Tutte le volte che ci torno, dunque, vibro. E vibro anche quest’oggi, che sono riuscito ad atterrare in mezzo a una tempesta di voli cancellati. È estate, che qui vuol dire l’alba alle 4.55 e il tramonto alle 21.40, ma il cielo diventa scuro quasi mai, s’incaglia in un crepuscolo permanente. In centro fa fresco, sul canale scorrono placide le “Goboat”, delle barchine elettriche che vengono affittate da gruppi di ragazzi: hanno un tavolone al centro apposta per fare l’aperitivo e bersi un drink. Civiltà.

 

Io niente Goboat, ché sto andando al Noma di René Redzepi, un complesso che comprende ristorante, serre, laboratori, tutto costruito ex novo pochi anni fa, tra campi e canali. Il Noma è così: evoca la natura ma poi la addomestica nelle sue stanze di fermentazione. È la quarta volta che vengo, la prima che provo il menu vegetale – qui si seguono le stagioni: d’inverno pesce, d’autunno cacciagione, col caldo erbe e piante – e ancora una volta il miracolo si compie: il miglior pasto di sempre.

Il giorno dopo, l’altra metà del cielo: il Geranium di Rasmus Kofoed. Che è l’opposto del Noma, a partire dalla location: è dentro lo stadio. Un locale tutto bianco, che sa di modernità, le cui cucine affacciano sul campo. Kofoed è un tecnico, pluripremiato dal Bocuse d’Or, fa una cucina che è musica sinfonica, elegante e raffinata, salse che sono seta, sapori che sono corde di violino.

Il terzo giorno turismo: il Museo Nazionale di Copenaghen – che bello, mette assieme classico e contemporaneo –, uno dei parchi gioco più antichi del mondo, il Tivoli, pranzo street food nel divertentissimo nuovo quartiere di Reffen – un complesso di food truck e chioschi in una zona ex industriale – un aperitivo in uno dei locali cult per gli appassionati di vini naturali, il Ved Stranden 10, e una cena tra amici, a porte chiuse, al Tèrra di Valerio Serino e Lucia De Luca (che hanno la pasta fresca Il Mattarello, dentro il food market Torvehallerne).

A questo punto, manca solo un gin tonic, solo che qui a Copenaghen tutto chiude presto. Tranne una categoria: i bar degli alberghi. Allora un grazie vero al barman del Kong Arthur che ci prepara drink come si deve.
Così i divani della hall si fanno caldi e accoglienti. Per dirla in danese: hygge.

Luca Iaccarino

Luca Iaccarino

Viaggia, mangia e scrive per il "Corriere della Sera" e "D - La Repubblica”. È food editor di EDT-Lonely Planet. Il suo ultimo libro, “Appetiti” (EDT), raccoglie 26 reportage gastronomici. Ha due figli molto voraci e una moglie molto paziente. Co-dirige il festival gastronomico Buonissima Torino.

Nicolò Canova

Nato nel 1989, è un artista di Torino. Attraverso differenti collaborazioni ed esperienze ha sviluppato competenze in campi diversi, come pittura, comunicazione, grafica e visual design. Sperimenta con tecniche e materiali differenti per ottenere immagini oniriche sempre fresche e dinamiche.