Come ordinare un calice di sake con naturalezza

Come ordinare un calice di sake con naturalezza

Di Chicca Vancini

Illustrazione di Jacopo Rosati

3 minuti

Dopo il primo articolo in cui si spiegava "Di cosa parliamo quando parliamo di sake?", passiamo a questa guida rapida per ordinare un calice di sake con naturalezza.

La classificazione legale dei sake risale all’anno 1992, si chiama Tokutei meisho-shu (特定名称酒) ed è un disciplinare che fa da riferimento sia per quanto riguarda i produttori che i consumatori e descrive le caratteristiche specifiche atte a definire i Premium sake, quelli che noi prenderemo in considerazione in questo articolo.

Come prima cosa però partirei da come si pronunciano la J e la G (altrimenti rischiate di ordinare il sake giusto con la pronuncia sbagliata perdendo di credibilità). La J ha un suono “sordo” e si pronuncia “giunmai” con la G morbida mentre Gingio o Daiginjo hanno la G dura e si pronunciano “ghingio” e non “gingio”.

I Premium sake sono divisi in 2 macrocategorie:

JUNMAI (純米) che contempla i tipi di sake i cui ingredienti sono acqua, riso e koji.

HONJOZO (本醸造 ) dove troviamo i sake in cui, oltre agli ingredienti sopra citati, vi è aggiunta la presenza di alcol etilico, che viene introdotto nella fase finale della produzione.

Successivamente sono stati suddivisi in differenti tipologie in base agli ingredienti e al grado di raffinazione del riso.

Ad ognuna di queste categorie corrisponde un profilo aromatico-gustativo ben specifico, nelle prossime righe vi racconto come cercare e trovare un sake proprio a partire dalla tipologia a cui appartiene. 

Per cadere sempre in piedi


Honjozo (本醸造) 
Tokubetsu honjozo (特別本醸造) 

Queste due tipologie viaggiano a braccetto, la caratteristica degli Honjozo è di essere educati, composti: bilanciati non troppo acidi e non troppo morbidi, non hanno nessuna aroma e non sono nemmeno così secchi. Per queste caratteristiche risultano facili da bere e ideali per esaltare i sapori del cibo in quanto non ci sono note che prevalgono o spiccano prepotenti al palato. Quando si aggiunge il suffisso Tokubetsu vuol dire che viene preparato con un metodo di produzione o un riso particolare.

Ginjo (吟醸) Daiginjo (大吟醸)

Anche qui troviamo una coppia che si tiene per mano. 
La nota distintiva dei ginjo è la fragranza fruttata che viene chiamata ginjo-ka, con una lieve acidità la bocca risulta comunque vellutata e ben strutturata. A seconda del produttore, si possono trovare ginjo con una ginjo-ka più accentuata e altri più freschi. Io lo consiglio sempre leggermente freddo o a temperatura ambiente e solo quando indicato dal produttore, anche leggermente cado.
Solitamente l’aroma dei ginjo va ricercata nei fiori e frutti bianchi e nelle sfumature lattiginose.
Se parliamo di Daiginjo andiamo incontro ad un sake ancora più aromatico, frutto di un processo produttivo più complesso, impegnativo e una raffilatura del riso più elevata che per noi equivale all’assaporare un sake estremamente raffinato e ad un leggero aumento del prezzo rispetto alle altre tipologie di sake.

Ginjo e Daiginjo sono sake a cui piace essere abbinati a cibi delicati.

Per lasciarsi travolgere


Junmai (純米)
Tokubetsu Junmai (特別純米)

Eccoci alla categoria più affine ai miei gusti: nella tipologia junmai possiamo spaziare tra acidità, corpo, robustezza, sapore di umami, raffinatezza... Insomma è una categoria libera che ci permette di essere un po’ più decisi e meno composti rispetto agli Honjozo. 
Spesso i junmai ci stupiscono, prendendo direzioni piacevolmente inaspettate e per questo, forse, più adatti a palati che già conoscono il fermentato di cui stiamo parlando. Con loro possiamo giocare tanto con le temperature, se fuori fa freddo e piove allora potete chiedere un junmai leggermente caldo, se state mangiando un ramen, o un piatto di tortellini in brodo osate chiederlo ben caldo. Se invece state facendo un aperitivo va benissimo a temperatura ambiente o fresco. 


Junmai ginjo (純米吟醸)
Junmai daiginjo (純米大吟醸)


Come per il ginjo e il daiginjo, il junmai ginjo e il junmai daiginjo sono sake ai quali non è stata aggiunto alcol, in cui acidità e umami sono meno presenti a favore di un’eccellente e raffinato equilibrio tra aroma e le note più acide e di umami. Hanno una struttura più robusta degli honjozo per questo, pur appartenendo alla tipologia “delicati” possiamo osare anche con loro, come detto sopra, con le temperature.


*Le foto di questo articolo sono state realzzate da Chicca Vancini.

Chicca Vancini

Chicca Vancini

Ama raccontare i popoli attraverso quello che bevono e che ascoltano. Modenese di origine, si trasferisce a Torino nel 2001. Nel 2019 incontra il Sake e diventa Sake Sommelier, con un master in Giappone nel 2020; sempre nello stesso anno passa il primo livello di Tea Sommelier.

Jacopo Rosati

Illustratore, collabora con l’editoria e le agenzie di comunicazione in Italia e all’estero. Negli ultimi dieci anni ha sperimentato diverse tecniche, dal collage al disegno digitale.