La produzione degli amari e la spiegazione di tutte le fasi di lavorazione, è sempre uno degli aspetti più richiesti durante le serate di degustazione per appassionati e le masterclass dedicate ai professionisti.
Un segnale del netto cambiamento di interesse del pubblico che fino a qualche anno fa si soffermava soprattutto sull’aspetto organolettico.
La tendenza ormai consolidata degli home made che ha trasformato molti barman in liquoristi, non accenna a diminuire, così come il ritorno in produzione di vecchie ricette famigliari fra le mura domestiche.
Ancora una volta lo studioso non rimane sorpreso da questa tendenza che è solamente il ritorno ciclico della storia.
Negli anni Venti i barman confezionavano amari nei propri locali come si può leggere sul libro di Ferruccio Mazzon, "Il barista. La guida del barman", mentre mai come durante il Ventennio, ci fu un’esplosione dei Ricettari per famiglie dove si spiegava come produrre ratafià, rosoli, cordiali e digestivi.
Prima di approfondire i temi relativi a classificazione e produzione non possiamo non ribadire i pericoli delle preparazioni casalinghe con erbe raccolte in maniera spontanea, come la presenza di inquinanti, pesticidi ed alcaloidi potenzialmente dannosi in certe concentrazioni.
State dunque attenti a quel che preparate e informatevi con cura prima di mettervi all'opera!
Liquore a base di frutta, dalla ciliegia alla bacca del ginepro.
Si produce solo per macerazione a freddo del frutto, spesso privato del nocciolo che spesso contiene composti cianidrici. In molte specialità, dove sia presente anche un disciplinare europeo, è espressamente vietato l’uso del succo. Lo zucchero è proporzionale alla dolcezza della materia prima, e varia da ricetta a ricetta.
Liquore a base di erbe, spezie e scorze di agrumi.
La ricetta si suddivideva in terzi, uno di zucchero, uno di alcol aromatizzato, ed uno di acqua. Erano quindi prodotti di media gradazione decisamente dolci.
Le rose, come erroneamente potrebbe suggerire il nome, raramente facevano parte della ricetta. Ros solis era il nome che storicamente si trovava sui primi libri di liquoristica, poiché la macerazione avveniva in luoghi caldi (ros rugiada, solis, del sole), per favorire l’estrazione delle piante aromatiche.
La macerazione veniva distillata e spesso c’era un’aggiunta successiva, solitamente scorze di agrume, per dare un bel colore giallo oro.
Se la proporzione variava a favore di alcol e zucchero si ottenevanano cordiali (da cordia, cuore): liquori tonici ad alto grado, corroboranti per via di una edulcorazione che spesso superava i 400 grammi di zucchero.
Concludiamo con un tema di cui abbiamo già parlato nell’articolo precedente.
Sono ottenuti per macerazione a freddo; in alcune ricette dove ci sia la presenza di erbe amare balsamiche, o scorze, o bacche ricche di oli essenziali si tende a distillare una parte della tintura base. La mescola fra macerato ed alcolato (qui di seguito la spiegazione tecnica) permette di esaltare al meglio certe fragranze, diminuendo le parti amare e il rischio di velature.
Lo zucchero, per essere considerato un liquore amaro deve essere di almeno 100 grammi per litro e con una gradazione di 15 gradi.
Passiamo ora alla produzione...
Anche qui analizzando la storia ci accorgiamo che gli enoliti di Galeno venivano fatti nello stesso modo in cui noi oggi facciamo gli amari.
In duemila anni di storia le modifiche tecniche degli strumenti sono state molto poche e tutte molto recenti, come i cavitatori ad ultrasuoni o i rotavapor.
Quello che è cambiato in maniera sostanziale è stata la qualità e la composizione del solvente.
Il medico romano usò gioco forza il vino, poi con l’arrivo dei primi alambicchi discontinui gli alchimisti passarono all’acquavite, potente ma ricca di aromi primari della materia prima, mentre da metà Ottocento i liquoristi usarono alcol praticamente puro e neutro delle colonne di rettifica.
Solo con quest’ultimo avremo il profilo aromatico attuale, dove è la ricetta ad essere al centro del “progetto”.
Analizziamo quindi i principali metodi estrattivi.
Si svolge sempre a freddo, ovvero a temperatura ambiente o poco sopra. È il metodo più antico e rispettoso della materia prima poiché estrae quasi fedelmente i principi attivi.
Con questa tecnica si ottengono le tinture o alcoliti.
Le variabili sono legate alla gradazione del solvente. Alcol ad alta gradazione per l’estrazione di erbe aromatiche o scorze di agrumi ricchi di oli essenziali, soluzione idroalcolica per i principi amari.
In passato la macerazione era mista, con tutte le erbe.
Il tempo di macerazione era deciso dal titolare che decideva l’intensità in base a criteri soggettivi di assaggio.
A fine Ottocento i liquoristi si accorsero che ogni pianta aveva bisogno di una gradazione ed un suo tempo di permanenza. Pertanto, nacquero le tinture singole per quelle piante più soggette a sbalzi qualitativi, che venivano aggiunte in base all’intensità ottenuta. Oggi con i cavitatori, in pratica delle vasche con emissione di ultrasuoni, si riescono ad accelerare ed ottimizzare i processi, in quanto le onde spezzano le membrane cellulari, rilasciando completamente i componenti aromatici nel solvente.
Il sistema non può essere sempre applicato a tutte le lavorazioni per le difficoltà di filtrazione dovute alla creazione di parti solide molto piccole.
Macerazione calda o infusione
In passato veniva usata per accelerare il processo produttivo precedente, quando il mercato dei liquori aveva volumi ben diversi dagli attuali. Oggi viene utilizzata esclusivamente per l’estrazione di principi aromatici da texture più dure, dove sia necessario dilatare le fibre, come nei legni e nei rizomi.
Il solvente può essere una soluzione acquosa o idroalcolica.
È il prolungamento dell’infusione svolta a temperature di poco inferiori all’ebollizione dell’acqua.
È utilizzata per estrarre i principi amari di certi legni o cortecce. Rispetto all’infusione il liquido viene sostituito fino al completo esaurimento del principio aromatico.
Principio della macchina del caffè o del filter all’americana.
Si crea un tampone composto dalle erbe. La grana della macinatura è alla base del processo. Frammenti troppo grossi faranno passare troppo velocemente il liquido, le polveri al contrario creeranno una sovra estrazione. Si procede versando, di volta in volta, un solvente con diverse concentrazioni d’alcol ed acqua, seguendo la logica di quanto detto per la macerazione. Alla fine si mescoleranno i singoli liquidi ottenuti per avere la tintura base, alla gradazione voluta.
Il sistema non è semplice, con molte variabili, ma i risultati sono molto delicati ed armoniosi.
Il dilavamento, infatti, è meno “invasivo” della macerazione.
Con questo processo si “catturano” le frazioni leggere del macerato. Le parti amare, solitamente molecole molto grandi sono incapaci di evaporare. Il risultato, detto alcolato, risulta quindi molto profumato, ricco di parti balsamiche, e privo di parti amare.
I rotovapor creando il vuoto nella caldaia permettono l’evaporazione dell’alcol a temperature inferiori ai 78 gradi necessari in natura. Il poter distillare anche a 4 gradi centigradi, ovvero alla temperatura di un frigo, permette di mantenere intatte le fragranze di fiori, ortaggi e frutti che altrimenti sarebbero cotti dentro un alambicco tradizionale.
Che mondo fantastico quello della produzione degli amari!