Shochu: il distillato giapponese per eccellenza

Shochu: il distillato giapponese per eccellenza

Di Chicca Vancini

Illustrazione di Silvia Gariglio

4 minuti

Dopo avervi introdotto al sake e avervi dato qualche dritta su come ordinarlo con disinvoltura è giunto il momento di presentarvi lo shochu. Ci troviamo nell’area sud-occidentale del Giappone, l’isola è quella vulcanica di Kyushu ed è la nostra meta per scoprire le origini del distillato giapponese per eccellenza.

Ci sono tre domande alle quali risponderò per raccontarvelo:
- Dove e come il popolo giapponese ha appreso le tecniche della distillazione?
- Che cos’è lo shochu e come si produce?
- Quali sono le caratteristiche gustative dello shochu e le modalità di fruizione? 

Dove e come il popolo giapponese ha appreso le tecniche della distillazione?

Le tecniche di distillazione sono giunte in Giappone attraverso una combinazione di influenze culturali, contatti commerciali e interazioni con altre nazioni asiatiche ed europee nel corso della sua storia. Non esiste una singola fonte definitiva ma ci dobbiamo affidare a varie teorie sull'origine di queste tecniche che sono tuttora oggetto di discussione tra gli storici.

Una delle teorie più accreditate suggerisce che la distillazione sia stata introdotta in Giappone grazie alle rotte commerciali con altre nazioni come la Cina e la Corea. La seconda ipotesi suppone che le tecniche di distillazione siano state portate in Giappone attraverso le rotte commerciali marittime che collegavano Okinawa al continente asiatico.
Altre teorie suggeriscono che la distillazione sia stata introdotta dai portoghesi nel XVI secolo, durante il periodo di scambi commerciali e culturali noto come il "Nanban Trade" tramite l’importazione di distillati come il rum e l'arak, che potrebbero aver influenzato lo sviluppo della distillazione nel popolo giapponese. Seguendo i documenti ufficiali coreani riguardanti gli scambi commerciali e la vita a Okinawa nel XV secolo, Jorge Álvarez, un esploratore portoghese che trascorse del tempo presso il porto di Yamagawa, Kyushu, annotò nel 1546 che i giapponesi consumavano, appunto, una bevanda simile all'arak a base di risoQuesta potrebbe essere considerata la prima menzione dello shochu

Nel 1954 è stata rinvenuta, presso un santuario nel nord della prefettura di Kagoshima, una tavola con un chiaro riferimento allo shochu. I falegnami del Santuario Koriyama Hachiman espressero le proprie frustrazioni nei confronti del capo sacerdote incidendo dei graffiti su una delle tavole interne della struttura. Questi graffiti, risalenti al 1559, recitano la scritta: "Il capo sacerdote shintō del santuario era così tirchio da non averci mai offerto dello shochu da bere". 

Che cos’è lo shochu e come si produce?

Da distinguere dal sake, che è ottenuto dalla fermentazione del riso, lo shochu è invece un liquore distillato.
Le sue materie prime sono varie ma le più diffuse sono: orzo (mugi), patate dolci (imo), riso (kome), canna da zucchero (kokuto), grano saraceno (soba). 

Mentre il sake attraversa solo il processo di fermentazione, lo shochu è il risultato sia della fermentazione della materia prima che della successiva distillazione del liquido fermentato. Innanzitutto, si cuoce la materia prima scelta come base per il nostro shochu e la si trasforma in una sorta di impasto. Successivamente, questo impasto viene mescolato con koji e acqua.
La miscela ottenuta fermenta poi in grandi vasche per un periodo che può variare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di shochu che si intende produrre. Una volta completata la fermentazione, si procede alla distillazione in alambicchi di rame per separare l'alcol. Il risultato finale è un liquido con un contenuto alcolico che può variare tra i 20 e i 40 gradi.

Quali sono le caratteristiche gustative dello shochu e le modalità di fruizioni?

Come anticipato, il distillatore si trova di fronte a numerose opzioni quando deve selezionare la materia prima da utilizzare, meglio quindi concentrarsi sulle caratteristiche delle tre tipologie più diffuse e andiamo ad analizzarle.

Imo Shochu: l'impatto delle patate dolci si riflette nel gusto donando dolcezza e morbidezza, con una varietà di aromi che vanno dal terroso al leggermente fruttato, a seconda della tipologia di patate utilizzate nella produzione.
L’isola di Kyushu è famosa per le patate dolci che crescono succose in un ricco suolo vulcanico e fanno parte della dieta quotidiana degli isolani.

Kome Shochu: il riso indica è il protagonista di questa tipologia di shochu; ha un gusto più pulito e nitido rispetto ad altri, con note amidacee dolci e un aroma delicato. Il kome shochu è spesso consumato liscio o miscelato in cocktail.

Mugi Shochu: è realizzato utilizzando l'orzo e si distingue dalle altre tipologie per il gusto ricco e robusto, con note di cereali tostati e un leggero retrogusto di frutta secca. Il mugi shochu è spesso invecchiato in botti di legno per sviluppare ulteriormente la sua naturale complessità.

Nella tradizione giapponese, lo shochu non è semplicemente una bevanda da sorseggiare, ma un'esperienza sociale che riflette secoli di storia e cultura; è la bevanda tipica e la si può trovare in tutte le izakaya e i ristoranti dell’isola, apprezzata e consumata in diverse modalità.

Molte persone preferiscono gustare lo shochu liscio, servito in un bicchiere a temperatura ambiente lasciando libero accesso a tutti i complessi sapori e aromi che si hanno nel bicchiere, mentre altri preferiscono servirlo con ghiaccio per renderlo più rinfrescante (il ghiaccio può anche contribuire a diluire leggermente il gusto, rendendolo più accessibile a chi è nuovo al mondo dello shochu).

Ma lo shochu può anche essere diluito con acqua, solitamente in un rapporto di 2 parti di shochu per 1 parte di acqua. Questo metodo di servizio, chiamato "mizuwari", aiuta ad abbassare il contenuto alcolico dello shochu (che vi ricordo essere tra i 20 e i 45 gradi) e rende la sua fruizione adatta anche durante i pasti.

In inverno, così come il sake, lo shochu può essere servito caldo “atsukan” prima di essere versato nel bicchiere e può essere accompagnato da piatti caldi come una buona ciotola di ramen fumanti o una zuppa di miso.

Chiudo questo articolo con un consiglio: avvicinatevi al mondo dello shochu senza paura, inizialmente sarete travolti da sapori sconosciuti che piano piano vi conquisteranno. Per iniziare potete ordinare un Highball Shochu e passare successivamente alla degustazione del distillato liscio.
Una volta imboccata la strada dello shochu sarà impossibile farne a meno!

Chicca Vancini

Chicca Vancini

Ama raccontare i popoli attraverso quello che bevono e che ascoltano. Modenese di origine, si trasferisce a Torino nel 2001. Nel 2019 incontra il Sake e diventa Sake Sommelier, con un master in Giappone nel 2020; sempre nello stesso anno passa il primo livello di Tea Sommelier.

Silvia Gariglio

Vive a Torino dove lavora come illustratrice freelance. La tecnica che utilizza maggiormente è l'acquerello su carta: lascia che siano i movimenti dell'acqua e la sovrapposizione delle macchie di colore a portare alla luce le forme e a dare risalto a ombre e volumi.